Mortara, assieme al film torna il noir

Oggi a Cannes è in concorso il lavoro di Bellocchio, mentre esce la nuova edizione del libro di Ori del 1983

Mortara, assieme al film torna il noir

Mortara, assieme al film torna il noir

Ori, come vi venne in mente di scrivere il libro su Mortara? "Quando io e Giovanni Perich scoprimmo il caso, era completamente dimenticato. Lo ritrovai per puro caso, scartabellando tra vecchie carte di casa. Mi capitò tra le mani un opuscolo di Gemma Volli pubblicato dalla Comunità ebraica di Mantova, città di cui erano originari i Mortara. Lo lessi e trovai questa storia molto interessante per l’aspetto morale, poiché era la storia di questo ragazzo ebreo fatto battezzare dalla fantesca di casa che lo credeva in punto di morte e che poi si andò a confessareda padre Feletti".

L’inquisitore di Bologna.

"Sì, lui si allertò e qui nacque il caso, perché era un bambino ebreo ma battezzato cattolico. E da qui nasce anche il titolo del libro che si rifà agli ‘oblati’, ovvero quella pratica che non veniva più messa in atto dalla chiesa cattolica dal 1600, ma che successe in quel momento: il bambino a quel punto doveva essere preso dalla famiglia ebraica ed educato alla fede cattolica. Fu l’ultimo caso di oblazione".

È curioso di vedere il film di Bellocchio?

"Sì, soprattutto della lettura data".

Quale fu la vostra invece?

"Il nostro libro si sviluppò seguendo un’ipotesi, perché i documenti erano pochi. Ci siamo chiesti se questo bambino evidentemente traumatizzato da quello che gli era successo, poi diventato prete cattolico, che non ha mai detto o scritto nulla sulla sua vicenda (per quel che ne sappiamo) abbia introiettato quel che gli è successo. Da quel che ne sappiamo non si è mai ribellato, Pio Mortara, come poi venne chiamato dal nome del papa Pio IX sotto la cui protezione venne messo, ha passato la maggior parte della sua vita in Sud America come sacerdote, poi morì a Liegi nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale. Per quel che ne sapemmo noi, rivide la madre una volta sola in San Pietro".

Come avete incorniciato narrativamente la vicenda storica?

"Il nostro è un romanzo, perché ad esempio la figura del procuratore del Regno di Sardegna Matteo Placi, di cui parliamo, l’abbiamo inventata. Ci serviva per spiegare quello che era accaduto, che era davvero frammentario e necessitava di un investigatore che ricomponesse tutto".

Quindi avete scritto un noir, che si addice alla vicenda di Edgardo Mortara.

"È un noir che si basa sulla realtà e noi, in maniera abbastanza avventurosa, prestiamo ai protagonisti, tutti personaggi reali, motivazioni, atteggiamenti, azioni di fantasia e ricostruiamo anche la storia della fantesca che battezzò il bambino per paura ma che, senza saperlo, lo disse all’inquisitore Feletti".

Com’è la Bologna sullo sfondo?

"La Bologna nel momento di passaggio da Stato Pontificio a Regno d’Italia, che non sapeva come sarebbero andate a finire le cose. Abbiamo immaginato la comunità ebraica, che in piazza San Domenico si riunì per protestare contro il trasferimento del piccolo, perché in effetti anche a livello mondiale si mossero persone autorevoli, come il miliardario Rothschild".

Benedetta Cucci