Romina: la Bolognina, la boxe e i sogni infranti

Il doc di Lo Muzio e Petrolini in anteprima al Biografilm: 4 anni di riprese per il coraggio di una ragazza di seconda generazione

Romina: la Bolognina, la boxe e i sogni infranti

Romina: la Bolognina, la boxe e i sogni infranti

Romina ha 24 anni, vive in Bolognina dove è nata da mamma originaria dell’Ecuador, è una ragazza di seconda generazione e ha trovato nella boxe il suo posto nel mondo. Pochi tratteggi ed ecco una storia perfetta per un film che immaginiamo portarci nel mondo di una giovane donna che ha fatto una scelta forte, inusuale, motivante, forse di riscatto: ma ’Romina’, questo il titolo del documentario firmato da Valerio Lo Muzio e Michael Petrolini, presentato al Biografilm ieri in prima assoluta con tanto di sold out al cinema Lumière e replicato oggi alle 16 nello spazio ben più ampio dell’Arlecchino, è una storia verissima. Di quelle che ci sfiorano tutti i giorni mentre camminiamo, pedaliamo, corriamo in macchina lungo le strade di Bologna, che, seppur città progressista, non è la culla della felicità giusta. Romina Cabezas Navarrete, che ieri, per la presentazione del ’suo’ film, ha chiesto un permesso di lavoro (è cameriera), forse adesso sta vivendo un buon momento della vita, come quando quattro anni fa sono iniziate le riprese del film che doveva essere un ritratto di una ragazza e il suo amore per la boxe, l’approdo in una palestra popolare, ’Bolognina Boxe’, che è anche comunità, valori sani, utopie da sognare. Poi, però, il plot è diventato ben altro, perché la sua esistenza e quella della sua famiglia sono andate a rotoli e Romina ha dovuto lasciare il ring e inventarsi tre lavori diversi per mantenere casa, fratellino e se stessa, mentre la mamma Berta affrontava il carcere. Tutto questo sotto gli occhi delle telecamere che a questo punto devono cambiare sguardo, perché la storia virtuosa di una giovane che vuole farcela attraverso lo sport, diviene narrazione della delusione, della paura, del baratro. "Per me – racconta Romina – Valerio e Michael sono diventati altro in tutto questo tempo, non solo registi ma una parte della mia famiglia, perché dovevo chiamarli ogni volta che succedeva qualcosa di nuovo quando mia mamma è andata in carcere, visto che si doveva riprendere tutto... Ma io li chiamavo soprattutto per avere conforto, una spalla su cui piangere". La Bolognina è un rione particolare, questo è noto, ma non è più da tempo il ’ghetto’ di Bologna, città ricca di contraddizioni urbane dove le fragilità sono dietro l’angolo, anche nel centro storico. Ma certamente di storie di seconde generazioni, in una comunità particolarmente ibrida per classi sociali e geografie, ce ne sono più qua, prima periferia bolognese, che sotto le Torri.

Valerio Lo Muzio si è imbattuto nella storia di Romina parlando con l’allenatore di Bolognina Boxe, Alessandro Danè e tra tutte, la sua gli è sembrata la più interessante. "Mi ha colpito la trasparenza di Romina e della sua famiglia che con naturalezza ci hanno aperto le porte di casa – spiega il regista – e ci hanno permesso di raccontare la loro storia con un’intimità molto profonda". E prosegue Michael Petrolini: "Raccontare la storia di Romina era come raccontare un’intera generazione di ragazze e ragazzi italiani di seconda generazione che nel nostro Paese non hanno alcun diritto e futuro. Sotto tutto questo si alza la voce di Bolognina Boxe che cerca di includere tutti dando vita a una grande famiglia".

Benedetta Cucci