AMALIA APICELLA
Cronaca

Savino: "’Madre’ sì, ma nella vita con ironia"

L’attrice stasera al Duse nella pièce tratta dalla fortunata trilogia di Zeller. "A Bologna arrivai nel 1997 per la Galante Garrone"

Savino: "’Madre’ sì, ma nella vita con ironia"

Savino: "’Madre’ sì, ma nella vita con ironia"

L’amore materno e le derive patologiche a cui può condurre. La madre segna l’inizio, nel 2010, della fortunata trilogia sulla famiglia di Florian Zeller (al cinema ha vinto il premio Oscar per la sceneggiatura di The Father con Anthony Hopkins). Lunetta Savino, nei panni della protagonista, Anna, è ossessionata da una realtà multipla in cui tutto si sdoppia creando un’illusione di autenticità costante. La partenza del figlio, ormai adulto, diventa un vero e proprio tradimento, come l’abbandono del nido, cui si aggiunge la decadenza dell’amore coniugale. Lo spettacolo, stasera alle 21 al Teatro Duse, è diretto da Marcello Cotugno. Sul palco, assieme a Savino, Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino.

Lunetta Savino, come si è avvicinata a questo ruolo?

"Zeller ha suggerito tanto con la sua sceneggiatura del personaggio di Anna. Descrive bene il suo bisogno di amore e le sue mancanze, che sono il perno dell’intera pièce. Molte donne ci si possono riconoscere, anche senza la deriva più patologica che colpisce la protagonista. L’inizio de La madre è scoppiettante, gradualmente viene rivelato il disagio di Anna e questo attaccamento morboso al figlio maschio, su cui riversa tutte le sue aspettative e i suoi bisogni".

Lei ci si è riconosciuta?

"Alcune battute di Anna riprendono esattamente quello che ho detto in passato e continuo a suggerire a mio figlio, che ormai è un ragazzo grande e maturo. L’istinto protettivo e di accudimento non finisce mai. A volte, però, mi rendo conto di annoiarmi da sola. E allora scatta l’autoironia, mi prendo in giro. Va bene avere questo ruolo nella vita se lo si affronta con la risata". Lei ha studiato a Bologna, al Dams e alla Galante Garrone. Che ricordo ha della città?

"Sono arrivata a Bologna, dalla Puglia, nel ’77. Quell’inverno fu uno dei più gelidi. Il periodo in cui ho frequentato la scuola Galante Garrone è stato felice. Ricordo le lezioni, molto utili e stimolanti. Un giorno venne anche Jacques Lecoq a tenere un seminario sulla commedia dell’arte". Quando la fermano a quale dei tanti personaggi che ha interpretato la associano di più? "Cettina di Un medico in famiglia è in assoluto il più conosciuto e amato. All’epoca faceva 12 o 13 milioni di spettatori a sera. Numeri che ho rivisto per un attimo con la prima puntata di Lolita, che sbancò. Sul grande schermo il pubblico ha adorato Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek, è diventato un caposaldo, un film cult".