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Solo l’arte ha il potere di risanare le ferite
Sono stati uniti da un filo d’oro che ha avvicinato le loro differenti ricerche sul terreno comune dell’arte come riparazione. E ora, il filosofo Emanuele Coccia, la regista Alice Rohrwacher, l’artista Adelita Husni-Bey, l’illustratrice Nora Krug, il regista Armando Punzo, il collettivo artistico ruangrupa, l’artista Flavio Favelli e lo scrittore Ermanno Cavazzoni, coi loro interventi preziosi avvenuti l’anno scorso all’Accademia di Belle Arti nell’ambito di ’RiparAzioni: dialoghi d’arte, cultura e società’ (progetto nato nell’ambito del Programma operativo nazionale Città Metropolitane), tessono una visione sfaccettata sulle pagine del volume ’L’arte come riparazione: ricerche artistiche per intervenire sul presente’. Il volume, curato da Lucrezia Ercoli, Maura Pozzati e Emilio Varrà verrà presentato martedì alle 18 alla Libreria Coop Ambasciatori. Proprio Varrà e Ercoli, con la direttrice dell’Accademia Cristina Francucci e l’artista Flavio Favelli, presenteranno le pagine che inaugurano la collana di Pendragon, realizzata insieme all’Accademia, ’Ababo - Teorie’, che si affianca ad ’Ababo - Esperienze’, altro percorso editoriale nato da questa collaborazione.
"Nel volume si trova la trascrizione editata delle conversazioni che gli ospiti hanno tenuto l’anno scorso – racconta Emilio Varrà – con brevi introduzioni critiche che noi curatori e altri colleghi dell’Accademia abbiamo scritto e due ulteriori interventi: uno di Flavio Favelli, protagonista col suo ’Pulpito’ (nella foto) e l’altro di Ermanno Cavazzoni che con Maurizio Finotto ha lavorato con la sua scrittura alla realizzazione del film ‘La citta` di cartone’". Il libro diviene allora testimonianza, documento, questo è certo, ma anche qualcosa di più. "L’evoluzione del progetto con la collana – prosegue Varrà – sarebbe anche quello di produrre i volumi utili per la didattica, per le nostre edizioni, per le altre accademie e non solo. Del resto io quest’anno ho messo in programma il volume e gli studenti interessati al ruolo sociale o all’impatto sociale dell’arte nel reale, l’hanno portato, insomma si tratta di un testo teorico che si può studiare".
L’idea di fondo degli incontri era che le fratture, individuali e sociali, possono essere superate solo se visibili e condivisibili, trasformandosi addirittura in occasione di rigenerazione sia individuale che collettiva. La contemporaneità, infatti, ci vede sempre più fragili, spezzati, isolati e impotenti, ma non possiamo auto-ripararci. I processi di guarigione e rigenerazione possono essere favoriti dall’arte, in quanto forza capace di colmare vuoti psicologici e affettivi. E la metafora del Kintsugi, quel filo pittorico dorato che ripara e unisce, che ha ispirato gli incontri, rappresenta la grande possibilità delle relazioni.