Strade, sos del geologo "I danni non finiscono qui"

Il presidente dell’Ordine regionale, Antolini: "Per i lavori serviranno anni"

di Luca Orsi

Il conto definitivo dei danni alle strade compromesse (o cancellate) dalle frane sui colli e in Appennino "sarà molto superiore a quanto appare oggi". La fosca previsione è di Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi regionale.

Può andare peggio di così?

"Quando si potranno fare le necessarie indagini sul tracciato delle strade colpite, salteranno fuori, purtroppo, anche danni che ora non si vedono".

Quanto tempo servirà per sistemare tutta la rete?

"Alcuni anni. Ora, in estate, si possono rattoppare i tratti danneggiati. Si agirà in emergenza, con tracciati provvisori, curve riprese...".

Il passo successivo?

"La progettazione, con indagini preliminari non compatibili con tempi rapidi. Ci sono tratti di strade più o meno lunghi non riparabili, da ridisegnare completamente, su un terreno delicatissimo qual è il nostro Appennino. E con la fretta si fanno opere progettate male".

Di che tempi parla?

"Uno studio geologico fatto ad arte richiede settimane, spesso mesi. Teniamo conto che non sono sufficienti indagini sul sedime, ma bisogna capire anche cosa c’è a monte e a valle delle strade da ricostruire".

Di cosa si tratta?

"Carotaggi, prove penetrometriche e sismiche. Occorre poi monitorare eventuali spostamenti del terreno con inclinometri o indagini satellitari, per vedere se il versante è in movimento. E, naturalmente, ci sono i tempi per l’appalto. Ecco perché parlo di tempi non compatibili con richieste di progetti a prova di frane nell’immediato".

Un’impresa ciclopica, visto il numero di frane sulle nostre montagne.

"La situazione è davvero molto difficile. Anche perché si sono verificate frane non solo dove erano mappate e riconosciute, ma anche in zone nuove, dove non erano cartografate".

Lei parla di terreno delicatissimo, fragile. Perché?

"I nostri Appennini sono un territorio geologicamente giovane, hanno solo qualche milione di anni. E in continua evoluzione. Sono formati da rocce molto tenere e fragili: argille, sabbie, arenarie friabili. Rocce fratturate, dove l’acqua penetra e fa disastri".

Sarà possibile il rischio zero?

"Le grandi frane dell’Emilia non si fermano. È possibile però mitigare il rischio, rallentarle".

Prima o poi si cercheranno le responsabilità. Qual è la sua opinione?

"Mi limito a sottolineare che, un tempo, per le nostre colline girava l’Apecar del cantoniere, con il badile. Faceva la manutenzione. Oggi, questa cura, questa dedizione per il territorio non c’è più. La Provincia aveva un ufficio geologico importante, che per vari motivi è stato smantellato".

La manutenzione è dunque il punto chiave?

"È come avere un vecchio quadro. Va periodicamente restaurato. Se no, lo perdi".

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