Successo per ’Le nozze di Figaro’ Spunti nuovi e rigore formale

La recensione: la regia di Talevi tiene insieme testo e musica, con i cantanti al meglio dell’espressività.

Successo per ’Le nozze di Figaro’  Spunti nuovi e rigore formale

Successo per ’Le nozze di Figaro’ Spunti nuovi e rigore formale

di Marco Begheli

Spettacolo di una bellezza vertiginosa. ’Le nozze di Figaro’ mozartiane portano bene a Bologna, se si pensa agli allestimenti tutti felicissimi di cui serbiamo memoria nell’ultimo mezzo secolo, firmati da Virginio Puecher (1973-77), Giancarlo De Bosio (1997), Mario Martone (2012) ed ora la nuova produzione di Alessandro Talevi andata in scena al Comunale Nouveau con repliche prese d’assalto fino al 23 maggio. Talevi, che firma pure le scene (nè diversamente avrebbe potuto essere, per uno spettacolo così coeso fra spazi e azione) è riuscito in tre settimane di prove fittissime a far recitare i cantanti nel modo più giusto e naturale ad ogni battuta: tutti sanno sempre cosa fare, mentre cantano e soprattutto mentre non cantano, ed ogni gesto è strettamente dettato dalla parola o suggerito dalla musica, senza che alcuna stramberia intellettualistica venga a sovrapporsi dall’esterno a questa commedia in sé perfetta (come fanno invece comunemente troppi registi d’oggi, sempre più incapaci di lavorare ‘dentro’ al testo). Eppure, quanti spunti nuovi e intelligenti abbiamo visto, quante sottolineature inedite e brillanti, tutte sempre pertinenti! Merito ovviamente anche di un cast vocale fatto di nomi affermati ed altri solo emergenti, che ha saputo seguire al meglio ogni richiesta del regista e probabilmente metterci anche tanto della propria esperienza scenica. Del resto, erano tutti vocalmente perfetti, tutti ideali per il loro ruolo, così che le attenzioni interpretative surclassavano qualsiasi preoccupazione canora.

L’eleganza di Vito Priante e Mariangela Sicilia come Conte e Contessa, la spigliatezza di Davide Giangregorio e Eleonora Bellocci come Figaro e Susanna, l’indiavolato Cherubino di Cecilia Montanari (un godimento estremo ad ogni sua apparizione) e i cinque caratteristi Marcellina, Bartolo, Basilio, Antonio e Curzio, così ben delineati da Laura Cherici, Francesco Leone, Paolo Antognetti, Dario Giorgelè e Cristiano Olivieri. Martijn Dendievel, nei suoi splendidi 28 anni, ha diretto con una sicurezza e una pertinenza da lasciare stupiti: per quanto il lavoro con l’orchestra sia stato ‘di cesello’ (e un particolare elogio va alla cembalista Nicoletta Mezzini per la fantasiosa realizzazione dei recitativi secchi), per quanto la concertazione con i cantanti sia stata improntata ai preziosi principi della prassi esecutiva antica (appoggiature, cadenze, varianti ricercate ma sempre misurate), la sua presenza si è rivelata in ogni momento discretissima, mai preponderante benché sostanziale, con ritmi serrati eppure non eccessivi, e affatto coordinati con quelli scattanti della regia scenica. Ecco: con una siffatta squadra di artisti ne potrebbe sortire un’intera trilogia mozartiana (completata con ’Don Giovanni’ e ’Così fan tutte’) da lasciare veramente il segno!

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