Uno Bianca, Roberto Savi: “Ciò che è successo non ha alcuna matrice politica”

Lo ha precisato l’ex poliziotto, capo della banda criminale, dopo l’uscita delle dichiarazioni fatte ai pm un anno fa in cui si attribuiva attentati a Rimini negli anni Settanta come attivista di estrema destra. L’associazione delle vittime: “Le sue parole ci lasciano perplessi”

Roberto Savi

Roberto Savi

Bologna, 3 marzo 2023 – "I fatti della Uno Bianca non hanno alcuna matrice politica”. Lo ha dichiarato Roberto Savi, ex poliziotto e capo della banda criminale che seminò il,terrore negli anni Ottanta e Novanta (24 delitti e numerose rapine), nel Nord Italia. Savi è detenuto a Bollate dove sconta l'ergastolo, si trova in carcere dal 1994 quando fu arrestato con gli altri componenti del gruppo criminale, tra cui i fratelli Fabio e Alberto.

“La mia storia personale – dice Savi, attraverso il suo avvocato difensore Donatella De Girolamo -, risalente agli anni '70, del tutto sconosciuta ai miei coimputati, nulla ha a che vedere con i fatti per i quali sono stato giudicato e condannato. Gli stessi non rivestono alcuna matrice politica. Le sentenze della Corte di Assise di Pesaro, Rimini e Bologna hanno fedelmente ricostruito la vicenda".

"Tramite il mio difensore ho manifestato la intenzione di rilasciare una intervista a Cantiere Bologna – ha rimarcato Savi –. Giampiero Moscato (direttore della testata online, ndr) ha inoltrato la richiesta alla Direzione del carcere, ma non ho avuto risposta. Nonostante siano trascorsi 29 anni dal mio arresto, con ogni evidenza non mi si vuole dare voce”.

Roberto Savi ha precisato il suo pensiero dopo le notizie circolate in questi giorni sulle dichiarazioni fatte ai pm un anno fa, in cui si attribuiva attentati a Rimini negli anni '70, nell'ambito di un attivismo in movimenti di estrema destra.

Infatti, secondo le indiscrezioni trapelate, il feroce assassino, collegato in videoconferenza dal carcere milanese, avrebbe fatto dichiarazioni spontanee, riferendo fatti risalenti all’inizio degli anni ‘70 e attribuendosi alcuni attentati, con piccoli ordigni, che avrebbe commesso a Rimini nell’ambito di un attivismo di estrema destra. Episodi senza vittime che avrebbe commesso da solo, ben prima dei fatti della banda per cui è stato condannato.

L’associazione delle vittime: “Le parole di Savi ci lasciano perplessi”

Le dichiarazioni di Roberto Savi sono vissute "con grande perplessità” dai parenti delle vittime della Banda della Uno bianca. “Non capiamo perché una cosa di un anno fa esca ora”, dice Alberto Capolungo, vicepresidente dell'associazione che riunisce i familiari, in riferimento a quanto raccontato da Savi ai pm di Bologna sugli attentati da lui commessi a Rimini, nei primi anni '70.

“Così come non si capisce perché, chiamato a chiarire aspetti oscuri della vicenda che non sono mai stati chiariti, invece va a dire cose che non gli sono richieste e spontaneamente si autoaccusa di crimini precedenti”.

"Rispetto ai contenuti - continua - trovo faticosa questa faccenda, sta creando reazioni spiacevoli, tirando in ballo il pm del tempo, Valter Giovannini, di cui io continuo ad avere massima stima perché fece un lavoro enorme”.

I Savi "hanno confessato e sconfessato, creato polveroni e continuano a fare così”. E sugli attentati commessi in gioventù da Roberto con la destra estrema, “questi confermano - per Capolungo -che la sua formazione ha contribuito a fargli compiere certe azioni a sfondo razzista, come per esempio l'uccisione di nomadi e persone di colore”.

Capolungo riferisce inoltre che l'associazione "non conosce ancora il testo dell'esposto che viene preannunciato. È il lavoro di uno degli associati (Ludovico Mitilini, ndr) a cui ha dato il suo contributo l'avvocato Alessandro Gamberini, legale, anche in questo caso, di cui ho grande stima e che seguì le vittime fino in Cassazione. Da tempo chiediamo di poterlo vedere per capire se ci sono elementi nuovi per riaprire le indagini. Anche questo ci crea grande perplessità, a 36 anni dall'inizio dei fatti”.

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