Vent’anni di Oblivion Mille di queste repliche

Il gruppo nato sotto le Torri sabato e domenica al Teatro Duse. Scuda: "La nostra storia ridotta all’essenza. Acustica e più intima".

Vent’anni di Oblivion  Mille di queste repliche

Vent’anni di Oblivion Mille di queste repliche

di Amalia Apicella

Gli Oblivion sono il gruppo delle parodie, della giocoleria, del cabaret e del disincanto. Lorenzo Scuda, Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni e Fabio Vagnarelli si incontrano a Bologna vent’anni fa e diventano "i cinque miracolati dalla banda larga", dicono loro. Nel 2009 sono notissimi al grande pubblico grazie al loro video I Promessi Sposi in 10 minuti, micro-musical visto ed emulato da milioni di utenti. Con Sanremo 23 hanno quintuplicato la loro popolarità online (da 20 a 100mila followers su Instagram): prendevano una canzone, cambiavano le parole, andando un po’ per assonanza e caricavano su YouTube. Sabato alle 21 e domenica alle 16 saranno al teatro Duse di via Cartoleria 42 con Oblivion Rhapsody, una versione acustica della loro opera omnia, festeggiando il traguardo delle prime mille repliche della loro carriera. Lo spettacolo, diretto da Giorgio Gallione, riunisce le performance più amate e imitate della compagnia, partendo dalle parodie dei classici della letteratura per arrivare alla dissacrante satira musicale.

Lorenzo Scuda, in che modo raccontate la vostra storia sul palco?

"È una storia musicale sbattuta, percossa e ridotta all’essenza. Acustica. Un po’ come quando arrivi a Bologna da studente, ti porti dietro la bicicletta da casa e te la rubano dopo due giorni. Ecco, il gioco è quello: c’è sempre una bicicletta in meno a Bologna. Ci siamo fatti da soli quello che facciamo agli altri, insomma. Dopo anni che smontiamo, prendiamo a cazzotti, tagliamo, facciamo i mash-up con le canzoni altrui, lo abbiamo fatto con il nostro repertorio".

Qual è stata la difficoltà più grande?

"Ridurre il nostro repertorio unplugged (acustico, ndr) era la nostra sfida. Abbiamo sempre avuto basi, produzioni musicali grosse e, anche visivamente, costumi e scene importanti. In questo spettacolo invece abbiamo solo una chitarra e qualche appoggio – un flauto, un ukulele o qualche percussione –: dobbiamo creare tutto sul momento".

E la sfida è stata vinta?

"Stravinta. I pezzi, che prima erano maestosi, nella dimensione intima funzioniamo benissimo. Si capiscono ancora meglio le parole e i giochi di testo".

Al Duse festeggiate un anniversario importante. Che effetto vi fa tornare?

"È stato il nostro punto di partenza. Il nostro primo spettacolo fu nell’ottobre del 2003, vent’anni fa, ormai. E tutte le volte che torniamo lì, riaffiorano ricordi molto divertenti".

Per esempio?

"Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme affittavamo il teatro per un giorno e non avevamo nemmeno gli aiuti macchinisti. Eravamo noi a tirare le corde per portare su i fari, per intenderci. Una volta, lo stangone era così pesante che quando abbiamo tirato la corda, si è abbassato. E tre di noi appesi alla fune a due metri d’altezza (ride, ndr)".

Che progetti avete avete in cantiere?

"Stiamo lavorando a un nuovo spettacolo, Tuttorial. Cercheremo di parlare di quello che succede in questa epoca storica, dalle serie tv alla Royal Family al modo in cui è cambiata la comunicazione con le varie piattaforme. Anziché alla cultura del passato come abbiamo sempre fatto, affronteremo narrazioni più contemporanee".

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