ANDREA SPINELLI
Bologna

Michael Bublé stasera all'Unipol Arena, una voce che fa il tutto esaurito

Unica tappa italiana del tour ’To Be Loved’ dall’ultimo disco

Il canadese Michael Bublé fa il ‘sold out’ stasera all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno

Bologna, 8 novembre 2014 - Se tutte le belle canzoni fossero già state scritte, il mondo sarebbe terribilmente noioso. Parola di Michael Bublé, in concerto stasera all’Unipol Arena per completare la tranche italiana di quel To Be Loved World Tour transitato pure da Milano lo scorso gennaio con standard del calibro di Feeling good o I’ve got the world in a string e qualche aspirante evergreen tipo Get lucky dei Duft Punk per soddisfare la voglia di nuovo dei tempi.

Show esaurito in un amen, grazie ad una prevendita a tamburo battente che ribadisce la credibilità di cui gode ancora il crooner canadese, scoperto dal produttore David Foster, lanciato da una vecchia hit di Van Morrison e reso popolare nel nostro paese da Fiorello. Anche se i 40 milioni di dischi venduti, il matrimonio e la paternità, hanno cambiato qualcosa nel mondo del ragazzone di Burnaby, British Columbia, sposato con l’attrice argentina Luisana Lopilato e padre del piccolo Noah, quindici mesi. «Dieci anni di successi non hanno affievolito il fuoco e la voglia di scoperta che mi bruciano dentro e, sinceramente, penso che il bello debba ancora venire – assicura lui –. Anche se in cuor mio preferisco di gran lunga il ruolo di padre e marito a quello di star. Il remake del film sul cantante che s’innamora, mette su famiglia, e poi abbandona tutto per la carriera, non fa per me». Questo, però, non ha impedito al trentanovenne di origini italiane (il nonno Demetrio Santagà è originario di Sambughè di Preganziol, Treviso, mentre nonna Iolanda di Villa Santa Lucia degli Abruzzi) di mettete in calendario ben 155 concerti in un anno e mezzo che gli hanno fruttato, finora, 52 milioni di dollari d’incasso.

Prodotto dal guru della console Bob Rock, l’ultimo album To be loved non ha incontrato gli strepitosi consensi del predecessore Christmas – ma vendere sette milioni di album, come ha fatto quella raccolta di classici natalizi, rappresenterebbe un’impresa impossibile di questi tempi anche per gli U2 – eppure è entrato lo stesso sottopelle, grazie a classici come Something stupid, You make me feel so young o Come dance with me che figurano pure nello show. Due milioni di acquirenti, d’altronde, non possono avere torto. «Canto in 44 paesi e non è facile mantenere una forte presenza in tutti – si giustifica lui –. Faccio il meglio che posso, ma a volte è difficile; per questo ho pensato di accorpare il pubblico di ogni paese puntando su grandi strutture come il Forum di Assago o l’Unipol Arena. Mia moglie, poi, è una donna di successo, un’attrice affermata, e per la salvaguardia del nostro legame è importante ed io tenga alla sua carriera come alla mia. Se dieci anni fa mi sentivo solo un ragazzino che cercava di capire chi era, ora mi sento soddisfatto sia dell’artista che dell’uomo».

Per via di quel registro baritonale e di quel tono carezzevole, confidenziale, con cui porge le canzoni, in diversi hanno avanzato paragoni fra Bublé e Frank Sinatra. Un azzardo. Se in scena è impossibile, infatti, avere i toni scuri, la dizione, il carisma inarrivabile di Ol’ blue eyes, si può sempre avere la potenza, il bell’aspetto, la simpatia di Michael Bublé.