Settima Dakar, ma non ultima: non è ufficiale, ma è come se lo fosse. Sorride al telefono, a quattromila chilometri di distanza, Francesco Catanese.
"Ormai non dico più che non la rifarò – spiega il centauro bolognese – perché ho capito che è una cosa che non riesco a controllare. Fare la Dakar per me ormai è uno stile di vita: mi mantiene giovane nonostante i miei cinquantatré anni".
E allora sotto col settimo viaggio nel deserto per l’edizione numero 46 del Rally Raid più massacrante del mondo. Dove se sei al via devi farti il segno della croce e se non ci sei ti consumi di sana invidia per chi la corre. Si comincia il venerdì col prologo di Alula e dopo aver macinato 7.891 chilometri si approda a Yanbu il 19 gennaio.
Quattordici giornate di gara e una sola di riposo, il 13 gennaio a Riad. Catanese affronterà la sua settima fatica in sella alla Honda 450 Rally con l’assistenza del team spagnolo Pedrega e grazie a un pacchetto di sponsor (Tmf Racing, Ibs, Neri Motori e Oscalito) carruolati da Claudio Grazia, team manager di Tmf Racing. Catanese è uno dei 778 concorrenti, suddivisi nelle categorie moto, quad, auto e camion, che si sfideranno sulle insidiose dune del deserto dell’Empty Quarter, laddove si incendierà la battaglia e si svilupperà anche la grande novità di questa edizione, la Superstage crono di 48 ore. Anche questo è la Dakar.
"Mi ero iscritto anche all’edizione del 2023 – ricorda –, ma in allenamento mi sono rotto una clavicola e ho dovuto rinunciare: l’organizzazione ha tenuto buona la vecchia iscrizione ed eccomi qui".
Obiettivo: arrivare fino in fondo: facile a dirsi, complicatissimo a farsi. "La Dakar è la fiera delle mille variabili – dice – ed è un viaggio incredibile tra incognite e pericoli. Ma è soprattutto un viaggio dentro sé stessi e dentro le proprie paure. In questa corsa si fa i conti con i propri limiti umani e fisici e ogni maschera cade".
Massimo Vitali