LUCA RAVAGLIA
Cronaca

Apoteosi bianconera in piazza. Notte di festa per la promozione

Dai brividi per la coreografia del ’Manuzzi’ fino al gol liberatorio di Pierozzi a quattro minuti dal 90°. Lo spettacolo in campo prima dell’abbraccio dei tifosi in piazza del Popolo tra fumognei e cioccolata. .

Apoteosi bianconera in piazza. Notte di festa per la promozione

Apoteosi bianconera in piazza. Notte di festa per la promozione

Si era partiti col cielo plumbeo, l’Orogel Stadium pieno (ad eccezione della curva ospiti) e una coreografia nei ‘distinti’ da brividi: le divise dei giovani talenti di casa riprodotte grandi quanto un settore e accompagnate dalla scritta ‘Quella maglia che portate è il mio sogno da bambino’. Ce ne erano migliaia di sogni ieri pomeriggio al ‘Manuzzi’, stipati uno sull’altro nel cuore di un popolo che da anni aspettava di vederli realizzare. Cornice ideale e banchetto pronto, ma mancava l’invitato principale: il Cavalluccio, che è sceso in campo circondato dal pathos di una città che pur di prendersi i tre punti contro il Pescara avrebbe fatto rotolare la palla a soffi. Eppure i minuti passavano e il gol non arrivava. Ma col Cesena che spingeva, ognuno è rimasto lì, asserragliato al suo posto, con la sciarpa al collo e i sogni in mano, a gridare, a crederci ancora. Perché non conta che si sarebbe andati poi a esultare domenica prossima contro la Juve Next Gen, conta solo il fatto che non è più il tempo dei rinvii. E così arriva Pierozzi, che magari non te lo aspettavi, ma che con un guizzo cambia tutto. Allora eccolo lo stadio senza barriere, ecco il gioiello che in C (ma anche in B) gli altri se lo sognano: la squadra si tuffa sulla curva, dentro la curva. Ci sono tutti, quelli in campo, quelli in panchina. Tutti. E’ uno spettacolo incommensurabile: la partita sul cronometro non è ancora finita, ma nei fatti lo è, eccome. Perché in campo ora per il Pescara che prova ad accelerare quei ritmi che fino a un secondo prima tentava di fossilizzare, non c’è più spazio, non ci sono più chance. C’è solo la consapevolezza di essere finiti nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Arriva il triplice fischio e così inizia la festa, quella vera, quella di una città che anche questa volta si dimostra campione. Perché le barriere sono altre mezzo metro, ma nessuno le scavalca (se non alla fine, coi giocatori già negli spogliatoi). Si resta ognuno al suo posto, a godersi uno spettacolo di quelli che restano nei ricordi e poi diventano leggende. E poi miti. E poi non se ne vanno più. Chi era lì ieri, sa di cosa si parla. Tra i gradoni della curva si fa largo una gigantesca ‘B’ bianconera, Adamo e Kargbo si arrampicano sulla traversa, Cristian Shpendi corre da un bimbo che teneva in mano una bandiera della ‘sua’ Albania e lo abbraccia. Ora tutti abbracciano tutti. Il direttore dell’area tecnica Fabio Artico abbraccia il mister Domenico Toscano, il presidente John Aiello abbraccia i tecnici e i giocatori, i giocatori abbracciano le fidanzate, le mogli, i figli e il team manager. Erano meglio le fidanzate e i figli, ma quando vai in B va bene anche il team manager. E si canta, si balla e non si finisce più, perché nessuno ha voglia di finire. Tanto che quando allo stadio ci sono da spegnere le luci, la comitiva sale sui pullmini e conquista il cuore della città, dove la tifoseria si è già riversata coi caroselli che puntano tutti in piazza del Popolo. "Chi non salta bolognese è", si canta adesso, sul tettuccio di un veicolo che probabilmente dopo Pasqua dovrà passare dal carrozziere, coi fumogeni, le bandiere e la Fontana Masini sullo sfondo. Poi si sale in Comune, dove il sindaco Enzo Lattuca grida come neanche quando aveva vinto le elezioni, stappa bottiglie di spumante, brinda e si complimenta con tutti. La squadra esce sul balcone, sotto ad aspettarla c’è la sua gente. Saber agguanta un gigantesco uovo di cioccolata e lo offre ai tifosi. Perché dentro l’uovo c’è sempre un regalo. Il regalo di quest’anno è il più bello di tutti e merita che a scartarlo siano tutti. Siamo ancora a marzo, eppure la capolista se ne va. Se ne va dove nessuno può più raggiungerla. L’anno prossimo si gioca di sabato. L’anno prossimo si gioca in B.