GABRIELE PAPI
Cronaca

Bandiera gialla: in Romagna c’è lo zingaro maledetto

Così veniva chiamato nell’Ottocento il colera. Le rievocazioni di Dino Piero e Giancarlo Cerasoli.

“Lo zingaro maledetto”: era uno dei nomi popolari del colera, il terribile morbo che flagellò il mondo e anche la nostra Romagna nelle sue ondate durante il 1800. Gancio rievocativo di questo articolo è la mostra “L’amore ai tempi del colera” (in atto fino a 24 giugno solo nel fine settimana nella Galleria del Palazzo del Ridotto): la rilettura del noto fumettista Ugo Bertotti, romagnolo d’adozione e matita sognante, del famoso romanzo del colombiano Gabriel Garcia Marquez. In quel romanzo (poi anche film) l’ostinato amore durato oltre cinquant’anni di Florentino Ariza per la desiderata Fermina Diaz troverà finalmente compimento durante una epidemia di colera: i due vecchi amanti a bordo di un battello fluviale fanno issare abusivamente bandiera gialla (colera a bordo) per evitare scali e passeggeri: cioè per restare soli. Certo, questa è una trasfigurazione letteraria.

Ma proprio la bandiera gialla fu il simbolo del terrore che accompagnò, anche da noi, quella epidemia. E allora ci siamo ricordati di due notevoli contributi cesenati che proponiamo ai nostri lettori: il buon libro del compianto Dino Pieri “Lo zingaro maledetto” (scritto nel 1985, ricerca che fece scuola) e il recente saggio “La Romagna ai tempi del colera” del medico e storico della medicina Giancarlo Cerasoli (compreso nel testo “La Romagna nel Risorgimento”, del 2012: volendo, entrambi i libri sono in biblioteca).

Contributi preziosi per una rilettura veritiera e documentata della nostra storia, senza le dolcificazioni culturali spesso oggi prevalenti. I nostri antenati vivevano in condizioni igieniche e abitative impensabili per l’odierna mentalità. Interessanti, ad esempio, le similitudini che si possono trovare tra i risvolti psicologici e sociali dei nostri avi romagnoli di fronte al colera, nuova e spaventosa malattia sconosciuta e le analoghe e multiformi reazioni nella nostra società attuale durante la recente, scombussolante e inattesa pandemia del Covid.

Anche in occasione del colera ottocentesco, guarda un po’, ci fu gran dibattito tra “contagionisti” e “anticontagionisti”, e si diffuse - contagiosa come un’epidemia- la diceria che fossero i governi tramite i medici del tempo a propagare la malattia per uccidere i poveri.

Altro spunto utile per gli appassionati di storia senza paraocchi: nella Romagna dell’800 la speranza di vita media era la metà di quella attuale e diverse malattie falcidiavano la popolazione, i bambini in particolare.

Tuttavia Il colera portò un diverso e angoscioso terrore: perché colpiva all’improvviso, squassava chi ne era colpito; se era fatale disidratava orribilmente i corpi. Allora diventò un grosso problema persino trovare i becchini per la sepoltura. E’cronaca storica, mica un film d’oggi sugli zombi. Inoltre nella Cesena e nella Romagna dell’800 il colera svelò impietosamente le più che malsane condizioni igieniche in cui vivevano le persone: non solo nelle campagne, ma anche nelle città.

Cominciarono dunque pubblici interventi di risanamento: ad esempio, in Cesena, l’abbattimento del borgo di Chiesa Nuova che andava dalla piazza grande a Porta Fiume: laddove oggi si snoda viale Mazzoni.