Cesena, Cera e il ricordo commosso di Riva: "Osannato da tutti, restò fedele a sé stesso"

L’ex giocatore e Ds dei bianconeri: "In quei dieci anni a Cagliari abbiamo condiviso tutto. Gioie, delusioni, persino la nostra Fiat 750"

Cesena, Cera e il ricordo commosso di Riva: "Osannato da tutti, restò fedele a sé stesso"

Cesena, Cera e il ricordo commosso di Riva: "Osannato da tutti, restò fedele a sé stesso"

di Daniele Zandoli

Quasi come un familiare, un fratello. Per Pierluigi Cera la scomparsa fulminea di Gigi Riva, il popolare “rombo di tuono”, termine coniato da Gianni Brera per uno dei più forti attaccanti del calcio mondiale, ha avuto lo stesso effetto devastante.

"È una bella botta – ammette l’ex libero del Cesena – abbiamo passato dieci anni insieme al Cagliari, condiviso vita e affetti, soddisfazioni e delusioni. Abbiamo condiviso anche la nostra Fiat 750, ma non perché fossimo tirchi o poveri, in fin dei conti si giocava in serie A. Ma eravamo così, ci piaceva condividere il nostro mondo, la prendeva chi ne aveva bisogno".

Bei tempi, quelli storici del Cagliari campione d’Italia e della semifinale dei Mondiali con la Germania in Messico, passata alla storia come la più bella partita di sempre.

"Sto guardando la televisione e stanno mostrando il suo gol a Vicenza, bellissimo, in rovesciata. Vederlo dal vivo è stato emozionante. Gigi andava d’accordo con tutti, coi compagni, in campo e fuori. Era osannato da tutti, ma non se la tirava, era rimasto il ragazzo modesto e taciturno partito da Leggiuno".

Qualche vizio però se lo concedeva, ad esempio era "un grande fumatore, fuori dal campo sempre con la sigaretta accesa. Assomigliava tanto a Scopigno, l’allenatore, un altro che parlava poco, che buttava sul tavolo una battuta e chiusa lì. Gigi invece era più critico, taciturno e critico". Forse uno dei motivi per cui stava bene in Sardegna e non ha mai accettato la corte degli squadroni del nord. "Mi diceva che non si vedeva in giacca e cravatta come imponeva lo stile degli squadroni. In Sardegna invece non gliel’imponeva nessuno. Aveva ragione lui".

È rimasto in Sardegna fino all’ultimo, con la sua famiglia, i due figli, le cinque nipoti, tutte femmine. Mai nessun ripensamento. Cosa gli è capitato? "L’ha ucciso un infarto, non aveva mai avuto problemi di cuore, ma evidentemente covava. Aveva rifiutato di fare gli esami anche perché non sapeva neanche chi fosse il suo medico. Poi quando si era deciso ormai era troppo tardi. Comunque era depresso e un fumatore incallito. Non usciva di casa da due o tre anni. Immagino che abbia sofferto poco perché non ha voluto interventi chirurgici. Evidentemente quando si è deciso era tardi, non gli ha lasciato scampo".

Episodi? Tanti. Negli occhi quella rovesciata, i mille ritiri pre partita, le partite a carte. Le rimarrà sempre nel cuore. "Sono frasi fatte che fra di noi non esistevano. È chiaro che le senti, ma le tieni per te".

Generazione di fenomeni.