ANNAMARIA SENNI
Cronaca

Chi burdel de paciug: "Esperienza indimenticabile, deve servirci da lezione"

Le riflessioni dei volontari: "Restiamo uniti sempre, non solo nelle emergenze". Silvia Rocchi: "Ho visto i video della tragedia, ho deciso di partire subito".

Chi burdel de paciug: "Esperienza indimenticabile, deve servirci da lezione"

Chi burdel de paciug: "Esperienza indimenticabile, deve servirci da lezione"

Sono conosciuti col nome di ’Chi burdel de paciùg’, termine romagnolo per indicare quelli che sono stati anche definiti come gli ’angeli del fango’. Un anno fa ci hanno commosso. Centinaia, migliaia di ragazzi volontari che sono accorsi nelle zone alluvionate della Romagna. Ce li ricordiamo infangati dalla testa ai piedi, con le pale e i secchi in mano. Ce li ricordiamo mentre puliscono le strade, le cantine, i garage e le abitazioni. Ce li ricordiamo col sorriso (vietato avvilirsi in quei momenti), ce li ricordiamo mentre cantano Romagna mia e si fanno forza l’un l’altro. Instancabili, sono corsi ad aiutare chi non aveva più nulla. Gente del posto, ma anche gente proveniente da tutta Italia. Questi angeli del fango non possono, non devono essere scordati. Tra i tanti volontari c’è una donna di Cesena che dalle primissime ore dell’alluvione è corsa in aiuto alla gente in difficoltà e le settimane seguenti ha coordinato una squadra di ragazzi che si sono rimboccati le maniche e sono andati a spalare il fango. Si chiama Silvia Rocchi, 45 anni.

"Ricordo benissimo quel giorno, come potrei scordarlo - dice Silvia –. Io mi trovavo nella mia casa in campagna e stavo coprendo il mio camper perché temevo che grandinasse. Mia sorella mi ha mandato un video del fiume in piena e le ho detto di allontanarsi subito da quella zona. Per fortuna lei e mia nipote si sono messe in salvo. Poco dopo, ero a far spesa, e ho sentito le voci delle persone che erano in panico per quello che stava succedendo: stava esondando il fiume. A bordo della jeep sono andata nella zona alluvionata sotto al Ponte Vecchio e ho iniziato ad aiutare le persone in difficoltà. Erano tantissime, chi piangeva, chi guardava la propria casa riempirsi d’acqua e trascinare a galla vestiti e oggetti. C’era gente che ha perso tutto. Ho iniziato a coordinare come potevo i soccorsi. Tra chi era corso in aiuto c’erano anche tanti tifosi del Cesena che sono arrivati con canotti e canoe per mettere in salvo le persone. I volontari spuntavano come funghi". "Anch’io mi sono adoperata per aiutare quelle persone in difficoltà - continua Silvia –. Vedevi la disperazione nei loro occhi, mentre l’acqua inondava le loro case. Poi i giorni seguenti siamo tornati. C’era tanto da fare. Per tre settimane ho lasciato il lavoro in un negozio di pasta e ho preso la vanga e i secchi in mano e sono andata nelle case per salvare il salvabile. Ogni giorno caricavo nella mia auto un gruppo di volontari e ci recavamo in posti diversi: a Cesena, a Forlì e a Ravenna. Abbiamo creato un gruppo telegram con cui coordinavamo i lavori. Cosa penso un anno dopo? Che la solidarietà che si è venuta a creare in quel momento è stata una cosa bellissima, da non dimenticare, ma che non si può essere uniti solo nelle difficoltà".

"È un’esperienza che vorresti evitare - dice Davide Gazzetti, intervenuto con il suo gommone per salvare diverse persone nella zona di Roversano - ma che ahimè siamo stati costretti a vivere e che inesorabilmente ti segna profondamente. Abbiamo soccorso la gente intrappolata in casa, in pochi minuti abbiamo attrezzato i gommoni e abbiamo messo in sicurezza prima gli anziani e i bambini. Non dimenticherò mai il terrore negli occhi di quelle persone e la gratitudine dopo averli portati in salvo".