"Era il medico di tutti" Borello ricorda Vincenzo Ricci

Domani iniziativa nel 50° anniversario della scomparsa del medico condotto. Pioniere della medicina, si prodigò per la popolazione durante la guerra.

"Era il medico di tutti"  Borello ricorda Vincenzo Ricci

"Era il medico di tutti" Borello ricorda Vincenzo Ricci

Al capezzale dell’uno o dell’altro paziente, instancabile, a curare lo spirito oltre al corpo. Per questo il dottor Vincenzo Ricci, a lungo medico condotto a Borello, era tanto amato dai suoi concittadini, che ancora a cinquant’anni dalla morte lo ricordano e lo celebrano. Lo faranno ancora una volta sabato 27 maggio alle 16.30 nel salone della parrocchia di Borello con la presentazione di un volume (con il contributo del Rotary Valle Savio) che ne racconta la vita, durante cui si alterneranno testimonianze di ex pazienti. Vincenzo Ricci è stato un dottore quasi leggendario, che ha curato intere generazioni. Nato a Cesena nel 1894 in una famiglia borghese, poi caduta in disgrazia, dopo aver compiuto gli studi classici al liceo ‘Monti’, si laureò a pieni voti in Medicina e chirurgia all’Università di Bologna. Partecipò, in qualità di ufficiale medico, alle due guerre mondiali (nella prima fu imprigionato per 27 mesi) e in seguito congedato col grado di tenente colonello. Divenne medico condotto a Borello nel 1923, che all’epoca era un territorio molto vasto con 5-6mila abitanti, dove rimase fino alla fine. Ricoprì anche il ruolo di consulente sanitario per le miniere zoltifere della zona, facendosi stimare dai minatori. Fu affascinato da tutte le branche della medicina, e per poter studiare i più moderni trattati di odontoiatria, psicopatologia, dermatologia e fisica medica, che nei primi decenni del 1900 erano prevalentemente in tedesco e francese, imparò queste due lingue. Aveva grande fiducia nei rimedi naturali (inventò nuove ricette fitoterapiche) ma anche stima nella scienza: con sacrifici economici acquistò apparecchiature elettromedicali d’avanguardia per metterli al servizio degli ammalati che faticavano a raggiungere i grandi centri urbani. Accorreva dai suoi pazienti in sella alla motocicletta anche nei luoghi più impervi e non prese mai un giorno di vacanza.

Curò gratuitamente i diseredati, dando loro cibo e coperte e prodigandosi a trovare un’occupazione lavorativa a tanti. Fece un’assidua opera di prevenzione contro le malattie infettive (tubecolosi e tifo) e diede le prime nozioni d’infermieristica a tante giovani che poi si diplomarono. Compì il suo dovere fino in fondo, a rischio della vita, anche durante il secondo conflitto mondiale curando imparzialmente partigiani e soldati tedeschi feriti. Per la sua esemplare attività di medico ricevette tre medaglie d’oro. Nel 1971, per il cinquantenario della sua professione medica (che esercitò fino a poche ore prima della morte, avvenuta per infarto due anni dopo a 79 anni), fu festeggiato da tutta la popolazione e dintorni con un’imponente manifestazione di affetto. Lo ricorda il busto in bronzo eretto nel 1979 nella piazza centrale del paese.

Francesca Siroli