Gli scavi archeologici raccontano "Ascoltiamo la storia del tempio"

Il professor Marino Mengozzi interviene nel dibattito sulla scoperta del Capitolium del I secolo avanti Cristo "La sua edificazione si deve connettere all’elevazione del rango di ’Sassina’ a municipium romano".

Gli scavi archeologici raccontano  "Ascoltiamo la storia del tempio"

Gli scavi archeologici raccontano "Ascoltiamo la storia del tempio"

È ormai di pubblico dominio che nella patria di Plauto sia riemerso un Capitolium, il tempio dedicato alla Triade Capitolina, vale a dire agli dei Giove, Giunone e Minerva. L’edificio sacro, che nel nome richiama l’archetipo sul Campidoglio a Roma, si caratterizza per l’elevato e articolato podio, elegantemente rivestito di lastre marmoree, con nella sommità le tracce della cella tripartita per la dedica a ciascuna delle tre divinità titolari. La datazione al I secolo a.C. appare, al momento, del tutto verosimile (passibile di arretramento?). Lo scavo in corso, sotto la direzione di Romina Pirraglia, funzionaria della Soprintendenza, non mancherà di allargare la visione e approfondire la conoscenza del monumento. Che cosa denota una prima, sommaria valutazione? La sua edificazione si deve connettere all’elevazione del rango di ’Sassina’ a municipium romano; prospiciente il vasto forum – la piazza fulcro dell’abitato e centro cui affacciavano i maggiori edifici pubblici –, questo tempio ha grande valenza religiosa ma riveste pure autorevolezza politica e autorizza implicazioni economiche. Con il sigillo della romanitas – che nel 266 a.C. ha prevalso sull’antico insediamento umbro fruttando a Sarsina il riconoscimento di civitas foederata – il tempio e il culto della Triade Capitolina investono al sommo grado la città sul Savio, la confermano interlocutrice strategica delle magistrature centrali, le permettono sviluppi di civiltà, ne certificano buone risorse intuibili nella ricchezza materiale e decorativa del manufatto venuto alla luce. In fondo, anche l’aver dato i natali al più grande commediografo latino non poteva essere privo d’implicazioni e conseguenze (pure il campanilismo è antico). E se si considerano quantità e qualità del contenuto nel locale Museo archeologico, non è difficile arguire il tenore della città posta su capitale arteria viaria (per la comunicazione con Ravenna e il porto militare di Classe) e le fortune dei suoi antichi abitatori (si pensi al magnate e possidente Cesio Sabino).

Ora il tempio di Sarsina è al centro d’un vivace dibattito: la sua autorevole evidenza giustifica o no il cambio eo la rinuncia al progetto pubblico che sta all’origine del ritrovamento? Osserviamolo attentamente quel monumento, valutiamone portata e significato, soprattutto ‘ascoltiamolo’: non faremo troppo sforzo per giungere alla risposta giusta. Sappiamo bene che la nostra storia è antica e la nostra terra anticamente abitata, che basta fare un “buco” per rinvenire “qualcosa”, che questo procura anche fastidio perché scompiglia programmi, ingombra e costa. Ma non possiamo dimenticare che lo scavo archeologico con i suoi reperti dà luogo a una sorta di miracolo: alimenta la memoria, che costituisce il presente del passato sul quale s’innesta l’attesa del futuro, e configura dimensioni intellettuali e gnoseologiche. Si vive il presente in quanto si conosce il passato: e l’uomo può camminare spedito verso la méta se sa da dove proviene. È la grande lezione della storia, magistra vitae e molto di più. Marino Mengozzi

Ispettore onorario del MiC