
La Romagna dei depliant tra rustida e piadina
di Gabriele Papi
Sta tornando la bella estate. E il turismo sulla nostra riviera sarà la prima locomotiva per il rilancio della Romagna alluvionata: per altri comparti, agricoltura in testa, la partita sarà più lunga e impegnativa. Torna dunque a fagiolo - poichè la storia è il futuro sotto casa- questa cartina turistica all’alba degli anni 50 del secolo scorso, anch’essa simbolo di un’altra ricostruzione nel dopoguerra. Di questa ‘cartina figurata’ dell’Emilia, la pubblicità di quegli anni, riproduciamo il colorato spicchio che rappresenta bontà e beltà dell’area romagnola: quel simpatico pieghevole, sul fronte la cartina, sul retro note storiche e gastronomiche di città e territori, non è datato. Ma i numeri di telefono delle allora Aziende Autonome di Soggiorno sono eloquenti: il numero 91 per Cesenatico, l’1 per Cervia. Quella vecchia cartina raccontava dunque le vestigia storiche delle città: per Cesena la Rocca (la Biblioteca Malatestiana era ben citata sul retro). Ma a ingolosire i desiderati turisti erano soprattutto le colorate rappresentazioni della campagna e della riviera. E dunque, per la nostra campagna, il trionfo di ciliegie, pesche, albicocche, ortaggi (gli asparagi): proprio quelle colture di qualità, briscole della nostra terra che in gran parte hanno preso una gran brutta ‘svètla’ (bastonata , in dialetto) dai nubifragi e dalle inondazioni del mese di maggio. Frutteti che allora erano sopravvissuti alle devastazioni della guerra: rinasceranno ancora, per quanto possibile, terranno botta. A proposto del ‘tin bota’, antica esortazione augurale adottata anche dalla presidente della Commissione Europea Von der Leyen, c’è un vivace seguito da raccontare. Il riminese Titta Benzi, amico d’infanzia di Fellini (nonché l’avvocato narratore del film ‘Amarcord’) andò a trovare il regista, ricoverato in ospedale. Nel salutare l’amico, Titta gli disse: "Federico , tin bota". E Fellini dal letto gli rispose: "Tin bota e cazz", colorita espressione di ulteriore conferma della resilienza dei romagnoli di fronte alle avversità. Tornando alla cartina turistica, ecco per la riviera raffigurazioni giocose di vele, ombrelloni sotto il sole, bagni di mare, reti colme di pesce, presagio di brodetti, fritti amorosi, ‘rustide’ di pesce azzurro a scottadito da annaffiare con sangiovese. C’è infine, sul retro di quella cartina, una piccola chicca storica. Tra le specialità gastronomiche spiccava la seguente curiosa segnalazione ai ghiottoni: ‘schiacciata azima detta la piè’. Schiacciata azima: il pane prima del lievito. Che roba era? La nostra piadina che in quegli anni debuttava fuori dai confini romagnoli per la sua lunga marcia fino a diventare, com’è oggi, simbolo e biglietto da visita della saporosa ospitalità romagnola. Intendendo per piada non i ‘piadotti’ industriali spesso ottimi per il tiro al piattello: ma la piadina degna di questo nome, fatta a mano, qua e là appena bruciacchiata, fragrante e tonda, grande come una piccola luna.