L’assurdità dell’oggi con gli occhi di Beckett

Gli studenti dell’istituto aeronautico Baracca di Forlì raccontano lo spettacolo ’Aspettando Godot’ in scena al teatro Bonci

L’assurdità dell’oggi con gli occhi di Beckett

L’assurdità dell’oggi con gli occhi di Beckett

Theodoros Terzopoulos presenta in chiave moderna un classico del ‘900, “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, rendendo ancora più complessa la comprensione di un’opera tanto enigmatica. Allo spettatore viene presentata una struttura quadrata suddivisa in quattro quadranti mobili, dentro i quali si svolge lo spettacolo e quasi risulta impercettibile l’alberello posto davanti alla platea, come se il regista volesse sovvertire l’ordine d’importanza del testo originale. Si evoca continuamente uno scenario postbellico al di fuori del tempo. La performance degli attori è efficace, grazie a una mimica e a una gestualità che sottolineano il carattere delirante e angosciante delle battute. L’azione, o meglio, la mancanza di azione, viene inscenata in una dimensione orizzontale, mentre gli altri elementi assumono una posizione verticale. Di certo non passa inosservato il fatto che Vladimiro ed Estragone si palesano al pubblico abbracciati, nella loro lunga attesa di un certo Godot.

Ci troviamo di fronte a un capolavoro appartenente al teatro dell’assurdo, caratterizzato da un clima confusionale e complesso, il quale causa nello spettatore la perdita della concezione di tempo e senso della vita. Il gioco di luci è volto a coinvolgere gli spettatori e portarli sullo stesso piano dei personaggi. L’unico aspetto apparentemente logico della scena sembra essere la geometria rigorosa degli arredi, essenziali, in netta contrapposizione con il caos che governa le vite dei personaggi. Le musiche, inizialmente mero sottofondo del dialogo, assumono successivamente un’importanza non trascurabile ai fini della comprensione dell’opera stessa, come se si volesse alludere a una connotazione religiosa della figura di Godot. I costumi fatti a brandelli, i volti rigati di sangue insieme ai movimenti nevrotici rispecchiano lo stato di degrado della vita dei personaggi.

Dialoghi senza scopo, domande senza risposta, ripetizioni a vuoto dello stesso paradigma. Tutto nello spettacolo concorre a suscitare nello spettatore un senso di smarrimento, vuoto e angoscia. La nostra indole razionale, tuttavia, ci costringe a ricercarne un significato. Seppur lo spettacolo sia insensato e delirante, questa particolarità aiuta a trasmettere il messaggio profondo dell’opera: la vita dell’uomo è ineluttabilmente destinata all’immobilità. La staticità dei personaggi, spesso fermi in posizione orizzontale, all’interno di una struttura rigida e soffocante, rappresenta materialmente la paralisi esistenziale. Non esiste azione reale né nel tempo né nello spazio: si fatica a comprendere se l’incapacità di prendere una decisione derivi dall’effettiva mancanza di strumenti o se in fondo i due non abbiano la piena volontà di cambiare la loro condizione, il che li rende pedine in scacco alla vita e a Beckett stesso, come tutti noi.

Classi 4B, 5B, 5C, 5F