RAFFAELLA CANDOLI
Cronaca

"Le nostre vite vanno avanti con inerzia". L’allegoria illumina la danza contemporanea

Il coreografo Roberto Castello racconta lo spettacolo con quattro danzatori che va in scena mercoledì sera al teatro Bonci .

"Le nostre vite vanno avanti con inerzia". L’allegoria illumina la danza contemporanea

"Le nostre vite vanno avanti con inerzia". L’allegoria illumina la danza contemporanea

Mercoledì alle 20.30, nell’ambito di "Carne, focus di drammaturgia fisica" (a cura di Michela Lucenti), il coreografo Roberto Castello, tra i pionieri della danza contemporanea in Italia, e quattro volte premio Ubu, porta al Bonci "In girum imus nocte et consumimur igni", una produzione Aldes del 2015, che ha calcato i palcoscenici di vari paesi europei. Ne sono interpreti i danzatori Mariano Nieddu, Stefano Questorio, Giselda Ranieri, Ilenia Romano. Il titolo, la cui traduzione è "Giriamo intorno, la notte, e siamo consumati dal fuoco", in latino è una frase palindroma, che si può anche leggere da destra a sinistra. Antico e misterico artificio letterario di origini incerte, fu scelto nel 1978 da Guy Debord come titolo di un film che analizzava libertà e consumismo nel mondo dello spettacolo, e il circolo vizioso che ne deriva. Nello spettacolo "in bianco e nero", dei quattro danzatori risaltano volto e mani e piedi, uniche parti non coperte da costumi neri e, illuminati a intermittenza da luce e buio scanditi dai comandi di una voce, appaiono e scompaiono, assillati e incalzati da una musica elettronica ripetitiva cui faticano a seguire il ritmo. E, gli occhi degli spettatori si devono abituare a tale alternanza, e restano sorpresi nel ritrovare in altre posizioni e movimenti, i quattro danzatori quando, passato il buio, torna la luce.

Roberto Castello, lo spettacolo è una metafora per descrivere l’umanità?

"Piuttosto un’allegoria. Lo spettacolo non giudica la qualità della vita, ritrae le nostre esistenze costrette a proseguire per inerzia, senza poter esercitare la nostra volontà. Che in ciascuna di quelle vite ci siano momenti belli o crimini efferati, poco importa, l’esistenza va avanti".

Ma, quelle donne e quegli uomini faticano a reggere il ritmo dettato da un accompagnamento sonoro ossessivo.

"Verissimo, sono sfiniti, esausti. Divorati da un fuoco inestinguibile. Nei 70 quadri indipendenti l’uno dall’altro, senza consequenzialità, la situazione non evolve. Ogni momento è a sé". Se il girovagare, come dice quella frase latina misteriosa è circolare, significa che non ci sono vie di fuga.

"È così. Devo dire che lo spettacolo ha avuto una gestazione lunghissima. Più noi della compagnia Aldes ci ostinavamo a cercare di confezionarlo, più ci pareva che la nostra caparbietà non fosse ripagata dall’interesse altrui. Ma, più quel lavoro visivo prendeva corpo, maggiormente ci avvicinavamo a quella espressione palindroma che dopo e non prima, ha dato un senso al lavoro. Ne ha espresso la sintesi. Era quello che cercavo e me ne sono imbattuto per caso".

A comandare che sia luce e che sia buio è una voce maschile. Chi rappresenta?

"Anche in questo caso la sua funzionalità ha avuto un senso a posteriori. Una voce maschile metallica presa da Google translate ci serviva per alternare i momenti "light" e "dark". Successivamente abbiamo capito che non la potevamo eliminare. E chi è che decide che sia giorno e sia notte? Qualcuno o qualcosa che trascende l’umanità. Quella voce è l’algoritmo di Dio".

Dunque non c’è riscatto, non c’è catarsi.

"In un certo senso sì: c’è una pace mistica, quando il ritmo ripetitivo si ferma. L’assenza di rumore e di movimento, dallo stordimento diventa quiete. Terrena?"