REDAZIONE CESENA

Quei ’sortilegi’ d’amore a base di piadina

Il bizzarro ingrediente che fu usato in Romagna da ragazze di campagna in età da marito era costituito da gocce di sangue mestruale

di Gabriele Papi

Piadina romagnola. In un passato non troppo lontano fu usata anche come sortilegio, filtro d’amore: con un bizzarro ingrediente, come state per leggere. Avvertenza ai lettori: non stiamo cercando effetti speciali. L’ansia di stupire e esagerare la lasciamo volentieri ai boccaloni smaniosi di mettersi in mostra nel pollaio dei social. Noi proponiamo ai lettori curiosi storie e scenari poco raccontati, avvalorati da fonti serie che ognuno può verificare. Il bizzarro ingrediente che fu usato in Romagna (come da altre parti nel mondo, mescolato a cibi e bevande) da ragazze di campagna in età da marito per legare a sé, come in un incantesimo, il futuro sposo era costituito da poche gocce di sangue mestruale nell’impasto della piada che sarebbe stata offerta. Stregonerie? Abbiamo smesso di credere alle streghe quando abbiamo smesso di bruciarle, dicevano giustamente i padri dell’Illuminismo. Semmai superstizioni, credenze magiche d’un mondo contadino che fu tenuto a lungo nella miseria e nell’analfabetismo dai poteri di turno. E dunque: c’è traccia di queste piade “speciali”, ad esempio, alla voce dedicata alla piadina nel Dizionario Romagnolo (Ragionato) di Gianni Quondamatteo (del 1985).

Altre notizie interessanti si trovano nell’Agenda Storica !988: “Sul mangiare e altre cose”, a cura di Simona Venturelli e Mara Valentini, ricercatrici riminesi. La loro scrittura al femminile, più disinvolta nel trattare certe tematiche, racconta che questa preparazione retaggio di leggende e bisbigliata tra donne, era chiamata “micotto”. Il lavoro delle due ricercatrici è presentato da Pietro Meldini, studioso con i fiocchi che mai avrebbe avvalorato con la sua firma la stesura di robe romagnoliste di bassa lega (usiamo la parola lega nella sua accezione di prodotto di fonderia ottenuto dalla fusione di metalli più o meno nobili, senza alcun riferimento alla campagna elettorale in corso). Tornando alla piada- filtro d’amore (o presunto tale), la sua fattura era accompagnata da ingenue formule propiziatorie che non riscriveremo, ad evitare becere scopiazzature. Non c’è da stupirsi. Anticamente, il sangue era ritenuto sede della forza vitale, nella buona e nella cattiva sorte: elemento potente e carico di pregiudizi e di arcaiche paure dei maschi nei confronti del ciclo mensile di ogni donna, quando è in età fertile. Ad esempio: ”nei giorni della mestruazione la donna non tocca le piante, che seccherebbero o i capelli d’una altra persona, che cadrebbero”: credenze e pregiudizi raccolte un secolo fa nelle campagne romagnole dal ricercatore Luciano De Nardis,“A la garboja. 500 note sulle tradizioni popolari romagnole”. Come si può dedurre, il cibo non è solo roba da mangiare: è anche specchio e racconto di molte storie del quotidiano. E la buona piada romagnola (consorella di diverse altre rappresentanti nel mondo del pane prima del pane) non a caso è cibo simbolico. E poi, provate a pensarci, una tonda piada cotta sul testo, bianca e bruciacchiata, non ricorda forse la luna che ogni mese torna a risplendere di notte nei pleniluni sereni? La luna, astro femminile per eccellenza, che governa le maree: e non solo.