Viaggio sulle strade della città Il percorso è tornato a ostacoli In via Roversano si rivede l’asfalto

Dopo i giorni difficili dell’alluvione il lento ritorno alla normalità misurato attraverso il traffico. E ieri con la riapertura delle scuole superiori si sono rivisti gli ingorghi soprattutto sulla via Emilia.

Viaggio sulle strade della città  Il percorso è tornato a ostacoli  In via Roversano si rivede l’asfalto

Viaggio sulle strade della città Il percorso è tornato a ostacoli In via Roversano si rivede l’asfalto

di Luca Ravaglia

Il progressivo ritorno alla normalità si misura sulle strade della città. Nei giorni immediatamente successivi all’alluvione, Cesena era silenziosa e in larga parte deserta, quasi spettrale. C’erano i mezzi della protezione civile, le idrovore e le arterie sommerse dall’acqua. Era un inferno. Poi sono arrivati il fango, i mobili accatastati e la voglia di ripartire. E dunque eccoci a ieri, primo giorno di riaperture delle scuole superiori e di – quasi – normalità. Abbiamo trascorso la mattina al volante, muovendoci tra le grandi strade e le piccole vie, per misurare il polso della Cesena che si scrolla di dosso il fango. Si parte dalla principale ‘zona rossa’, quella a ridosso dei ponti Vecchio e Nuovo. In via Roversano è tornato a vedersi l’asfalto, le pile di mobili sono praticamente sparite e a parte qualche mezzo addetto alla pulizia degli scarichi, si guida senza intralci. Il panorama è ancora – ovviamente – lunare e tante abitazioni sono ancora alle prese coi drammatici problemi di chi ha perso tanto o addirittura tutto, ma volendo concentrarsi solo sulla viabilità, il quadro è incoraggiante. Così come in via IV Novembre, recentemente riaperta al traffico. Dal cancello del Caps esce una bisarca che trasporta i mezzi della polizia danneggiati dall’alluvione, il parcheggio multipiano è chiuso, ma la strada è perfettamente transitabile.

Ora eccoci sul fronte opposto, nel dedalo che si dipana da via ex Tiro a Segno. La conta dei danni è sterminata, ma le pulizie sono in stato avanzato. Si resta in attesa dietro a un ragno che bonifica i cumuli di macerie e ci si guarda intorno, tra le desolazioni dei cortili mutilati, gli infissi danneggiati e le stanze troppo spoglie per non mettere inquietudine. L’attesa è doverosa e anche legittima. A volersi muovere per la città ora, infilarsi in queste strade senza averne una stretta necessità è quanto meno inopportuno. Quindi eccoci fuori, sul Ponte Nuovo transitabile come tutti gli altri che attraversano il Savio. Si va in direzione ex Zuccherificio. La corsia che conduce verso Rimini è scorrevole, l’altra è un imbuto nel quale confluiscono i sensi di marcia forzati dalla chiusura delle aree intorno al centro commerciale. Qui serve non avere fretta, senza dubbio. Lo stesso atteggiamento è impredicibile al momento del suono dell’ultima campanella, quando anche gli studenti delle scuola superiori tornano a riversarsi in strada. La zona della stazione torna quella che era: un crogiolo di persone, di bici, di auto e di bus. Buona fortuna. La Secante chiusa non aiuta, la via Emilia si intasa con maggiore rapidità e gli orari di mamme e papà in pausa pranzo devono per forza subire importanti revisioni. Il borbottio è legittimo, ma pensare a quello che è successo soltanto martedì scorso è imprescindibile. Non è quesitone di fair play post apocalittico, ma di doveroso rispetto per chi ha problemi ben più gravi rispetto a quelli di un ingorgo.