GILBERTO DONDI
Editoriale
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Bologna è stufa di subire queste angherie

Una zona della città tenuta sotto scacco per giorni. Un centinaio di poliziotti impiegati per arginare l’arrivo dei partecipanti. Una barista aggredita e ferita. Addirittura, le Ferrovie costrette a rallentare alcuni treni per il pericolo di investimenti sulle rotaie. Sono solo alcune delle conseguenze del rave party iniziato la sera del Venerdì Santo nell’ex caserma Stamoto, nella zona di viale Felsina. Un evento, l’ennesimo organizzato a Bologna o in provincia, che sta arrecando parecchi disagi ai residenti, senza contare i costi dell’apparato di sicurezza messo in campo dalla questura e i rischi per gli stessi ragazzi del rave che ballano e bivaccano in strutture fatiscenti.

Bologna è stufa di subire ciclicamente queste angherie. Qui non si tratta di impedire

ai giovani di divertirsi, ci mancherebbe. I luoghi di aggregazione in città non mancano. Qui si tratta di non assistere più a raduni che, è bene sottolinearlo, sono illegali e, lo ripetiamo, sono pericolosi per gli stessi partecipanti. Come spesso accade in Italia, però, quello che è illegale sulla carta si scontra con la realtà dei tribunali. A nostra memoria, infatti, non ricordiamo condanne per i maxi-rave del passato. Eppure polizia

o carabinieri avevano sempre identificato (come certamente faranno stavolta) sia gli organizzatori che i semplici partecipanti. Ma poi succede che i tampi si dilatano e, quando si arriva in aula dopo tanti anni, spesso i reati sono prescritti e tutto (o quasi) finisce a tarallucci e vino. E chi promuove questi eventi, non essendo sprovveduto, lo sa benissimo. Il recente ’decreto rave’ del governo ha inasprito le pene per gli organizzatori, ma anche questa nuova norma andrà verificata nell’applicazione concreta.

Quel che è certo è che per disincentivare i rave abusivi, oltre alla repressione, servirebbe una grande opera di recupero dei luoghi ’dimenticati’ della città. Le ex caserme come la Stamoto o la Perotti, i Prati di Caprara, i capannoni industriali abbandonati. Sono punti nevralgici su cui bisogna fare uno sforzo collettivo. Spesso

i progetti di recupero e rilancio ci sono, ma le lentezze burocratiche fanno sì che

i tempi si dilatino tanto da apparire, a volte, una chimera. Su questo bisogna fare passi avanti decisi. E bisogna farli in fretta. Lo Stato e gli enti locali devono parlarsi di più e fare squadra per recuperare alla collettività questi beni, togliendoli così all’abbandono e alla possibilità di diventare rifugi di sbandati o location per i rave party. Serve uno scatto. Ne va della legalità, del decoro urbano e, in definitiva, della nostra città.