ANDREA ZANCHI
Editoriale
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Bologna, i parcheggi e quel vincolo da rimuovere

In una città dal deficit infrastrutturale insostenibile, basta poco per suscitare interesse ed entusiasmo. Così è accaduto, pochi giorni fa, quando la giunta ha rispolverato a sorpresa il progetto di parcheggio interrato in piazza Roosevelt, unito a una pedonalizzazione che riguaderà anche l’adiacente piazza Galilei. Sì, ricordate bene: si tratta dello stesso progetto di sette-otto anni fa e che piano piano era sparito dai radar, soppiantato dall’urgenza di tracciare ciclabili anche dove non esiste lo spazio, dalla moda dei marciapiedi a golfo sempre e comunque, e dalla necessità di dotare quante più strade degli insostitubili ‘cuscini berlinesi’.

Tutte cose utili, se servono a migliorare la sicurezza sulla strada, ma che hanno contribuito ad allontanare il focus del ragionamento dai punti cardine che avrebbero dovuto guidare lo sviluppo di Bologna e della sua mobilità nell’ultimo decennio. Così, una volta che la Garisenda si è ammalata a tal punto da rendere obbligatorio chiudere via San Vitale agli autobus, si è scoperto che se si vuole scongiurare il definitivo e irreversibile spopolamento del centro, se si vuole evitare che la città storica diventi un grande ‘turistificio’ a cielo aperto e basta, bisogna fare in modo che tutti possano arrivarci, anche senza mezzi pubblici e biciclette. E che non necessariamente uso dell’auto e pedonalità sono due concetti in contrasto. Soprattutto in un futuro in cui ci troveremo tutti a guidare auto a emissioni zero (o quasi). Non si tratta di abolire la Ztl o rimettere in discussione aree pedonali ormai acquisite, ma di permettere un’accessibilità globale ad alcune zone della città, centro storico in primis. Per questo bisogna riprendere in mano una volta per tutte il dossier dimenticato dei parcheggi. Ripartire da piazza Roosevelt è un buon inizio, ma non basta. Si deve accelerare sull’ampliamento dell’area Staveco – la zona Sud paga più di tutte la carenza di spazi e strutture adeguate –, incrementare l’utilizzo del Tanari come parcheggio scambiatore e ragionare di altre zone dove sia possibile realizzare strutture interrate aperte a tutti (Porta Saragozza, ad esempio?). Va insomma superato l’ultimo vincolo che resta sui parcheggi interrati, quello ideologico. L’unione composta dalle future quattro linee di tram, da parcheggi accessibili e a un prezzo ragionato ai confini della città storica e da una mobilità dolce diffusa, rappresenta l’unica prospettiva concreta per salvare il centro da un declino urbanistico e sociale che questa città e i suoi abitanti non si meritano.