SERGIO GIOLI
Editoriale
Editoriale

La foto della strega

Due vecchie fotografie in bianco e nero, una signora anziana che guarda di sbieco e accenna un sorriso, le rughe profonde, l'aria mite. Poi osservi meglio e ti sembra di cogliere un lampo in quegli occhi, che non sono né tristi né rassegnati. Un lampo di follia? O un lampo di cattiveria? Forse è solo suggestione, indotta dal fatto che quella vecchia signora si chiamava Leonarda Cianciulli, la ''saponificatrice di Correggio''. Quelle fotografie finora inedite, ritrovate e pubblicate dall'editore Fausto Bassini, non aggiungono nulla alla vicenda. Non c'è novità processuale, visto che i delitti risalgono agli anni 1939 e 1940 e l'assassina morì nel manicomio criminale di Pozzuoli nel 1970. Non c'è nessun nipote o pronipote che rievochi oggi i fatti, nessun documento che getti nuova luce sulla prima serial killer italiana, la donna che ammazzò tre vicine di casa e ne distrusse i corpi sottoponendoli, per l'appunto, a un processo di saponificazione. Scrisse Leonarda nel suo memoriale: “Gettai i pezzi (di un cadavere, ndr) nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita”. Storia antica e risaputa. Oggi non c'è notizia, niente di niente. A parte quelle due fotografie e quello sguardo, che respinge e cattura allo stesso tempo. Come lo sguardo mellifluo delle perfide streghe delle fiabe. Riaffiorano i ricordi d'infanzia, la mela avvelenata offerta a Biancaneve, il latte e le frittelle serviti ad Hansel e Gretel. Guardi le fotografie e ti chiedi se le vittime di Leonarda siano entrate in casa sua senza sospetti oppure se un dubbio, incrociando quegli occhi sulla soglia, all'ultimo momento l'abbiano avuto. Ma comunque troppo tardi per inventare una scusa qualsiasi e andarsene, perché non è buona educazione rifiutare un invito gentile. E sono entrate. Ammettiamolo, quelle fotografie magnetiche danno ancora un brivido. Perché costringono a farsi una domanda che non avrà mai risposta: io avrei riconosciuto il male in quegli occhi? Oppure mi sarei seduto in salotto e avrei visto solo all'ultimo istante l'ombra di un'ascia sollevarsi sulla mia testa?