Editoriale

Mostro scaccia mostro

Erano considerate ecomostri, ora sono diventate opere d'arte? In realtà non sono mai state né la prima né la seconda cosa. Le torri Hamon, giganti di cemento armato in via di demolizione, hanno segnato l'epoca industriale di Ravenna, quella delle grandi raffinerie. Erano necessarie, brutte ma necessarie. Quindi non mostri. Poi l'area su cui sorgevano è stata abbandonata, le torri sono cadute in disuso e oggi vanno a pezzi. Eppure c'è chi vorrebbe salvarle, perché, si dice, fanno parte della storia della città. Un po' a sorpresa (ma neanche tanto, vedremo poi il motivo), in prima linea ci sono le associazioni come Italia nostra, che storicamente si battono per la salvaguardia dell'ambiente e del territorio. Una sorta di clamorosa eterogenesi dei fini, al punto che un sospetto malizioso viene: vuoi vedere che chi vuole salvare le torri sbrecciate e arrugginite in realtà punta soprattutto a bloccare l'annunciato parco fotovoltaico che dovrebbe sorgere al loro posto? Che bello non è, ma necessario sì, proprio come le torri Hamon ai tempi della loro costruzione, negli anni Cinquanta. Sospetto rafforzato dal fatto che le associazioni pro torri sono le stesse che contrastano un altro grande piano ravennate legato alla produzione di energia, l'impianto eolico che sorgerà in mare aperto, a 12 miglia dalla costa, e che fornirà energia pulita a mezzo milione di famiglie. Non c'è da stupirsene, queste associazioni si mobilitano ogni qualvolta si parla di costruire qualcosa, che sia un ponte, una strada o un gasdotto. Si inseriscono nel solco di una lunga tradizione, quella dell'avversione, radicata soprattutto a sinistra, alle grandi opere. Il Pci, per dire, si batté ferocemente contro la costruzione dell'Autostrada del Sole (‘La spina dorsale di un sistema rachitico’, titolava l'Unità il 3 ottobre del 1964), la metropolitana di Milano e perfino la tv a colori. Sulla stessa scia si sono mossi, negli anni, i vari partitini ambientalisti e, recentemente, il Movimento Cinque Stelle. Meno il Pd, che, come spesso gli capita, tiene i piedi in due staffe. Un'avversione ideologica che è costata all'Italia un enorme ritardo infrastrutturale. Oggi nell'occhio del ciclone c'è Ravenna, con le sue torri Hamon, i suoi pannelli fotovoltaici e le sue pale eoliche in mezzo al mare. Ma consoliamoci, di una cosa siamo assolutamente certi: se le torri saranno abbattute, se al loro posto verrà eretta una distesa di specchi per catturare l'energia del sole e se tra sessant'anni quegli stessi specchi, ormai superati, dovranno essere smantellati, ebbene, a quel punto Italia nostra di sicuro si opporrà, dicendo che sono parte intangibile della nostra storia.