ALESSANDRO GALLO
Editoriale
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Thiago: perché?

Avrebbe potuto essere la serata perfetta. La Virtus che dilaga, soffre, poi vince all’overtime con Marco Belinelli e si porta 1-0 nella semifinale tricolore. La Fortitudo che lotta, espugna Rieti e conquista la finale promozione. Dal primo giugno giocherà con Trapani.

Per calare il tris perfetto sarebbe servita la chiusura magistrale del Bologna. E invece la squadra che ha entusiasmato tutta la serie A, cade al Ferraris, 2-0, con una prova scialba.

Ma, forse, il peggio deve ancora venire. Thiago, il condottiero che ha portato il Bologna alla Champions, sessant’anni dopo Bulgarelli e compagni, sceglie la strada della difesa. Un muro. Un muro di gomma. Non spiega perché ha scelto di non rimanere.

Intendiamoci, scelta legittima. E’ un professionista, è in scadenza di contratto ed è libero di prendere le proprie decisioni. Ma l’uomo che per due anni è stato coraggiosissimo in campo, sceglie la strada del silenzio. “Volete portarmi in una polemica che adesso non c’è”.

Nessuna polemica. In sala stampa, la domanda è quella che tutta Bologna si fa ormai da un paio di giorni. “Thiago, perché?”.

La risposta non arriva. Andrà a Barcellona, il tecnico. Tirerà il fiato. Difficile, però, pensare che parli del suo addio a Bologna quando sarà presentato dai suoi futuri dirigenti. Bologna deve tanto a Thiago, perché l’anno prossimo ci sarà la Champions. Ma proprio perché si è detto commosso dall’affetto dei tifosi e della città, Bologna meritava una risposta. Bella o brutta che fosse, ma una risposta. Non un silenzio assordante. Da un paio di giorni, l’urlo della città di goldoniana memoria (nel senso di Luca, che vergò un mirabile articolo il 7 giugno 1964), è sempre quello: “Thiago, perché?”.