Europa, candidature discutibili

Nonostante sia ben chiaro che, per quanto indebolita, è ancora in questa Unione Europea che si giocano i destini, perlomeno economici, degli Stati membri, l'Italia resta attaccata ad un vecchio pregiudizio di sufficienza e distacco nell'approcciarsi alle elezioni per l'Europarlamento. Una campagna elettorale giocata esclusivamente come un sondaggio per la resa dei conti tra alleati, senza una reale contrapposizione di programmi tra coalizioni concorrenti. L'irritante abitudine dei capolista specchietti per le allodole che già annunciano di rinunciare al seggio (quasi sempre) certo. Il parcheggificio per esponenti di partito in scadenza di mandato, sindaci e presidenti di regione uscenti, cui garantire una comoda sistemazione ad un' oretta di aereo, con obbligo di frequenza ridotto ad un paio di sedute alla settimana, stipendio consistente e guarentigie assicurate. Nomi a dir poco discutibili, tipo, è notizia di oggi, un ex sottosegretario invitato a dimettersi non più di qualche settimana fa per ragioni penali rimaste intatte. A parte un messaggio sociale che non può che aumentare la lontananza degli italiani dalle istituzioni europee, c'è l'ottuso perseverare dei nostri partiti a candidare i peggiori, i competenti, casomai, solo per caso, ignorando che in Europa si conta se ci si sta, tutti i giorni e con validi argomenti da proporre. Altrimenti l'Europa la si subisce, incorrendo in (numerose) infrazioni, multe e brutte figure, queste ultime poi che ci vedono campioni indiscussi e purtroppo anche un po' orgogliosi di esserlo.

Marco Lombardi