Modena, 4 giugno 2012 - Dalla crepa di una faida interna all’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia filtrano documenti che lasciano di stucco. Il deposito di gas di Rivara, vicinissimo a San Felice sul Panaro (Modena), situato proprio in mezzo ai due epicentri dei terremoti devastanti del 20 e del 29 maggio, era stato giudicato realizzabile dall’Erg anche sulla base di una relazione del Dipartimento di scienze geologiche dell’Università di Catania. Il responsabile scientifico del dipartimento, nonché coordinatore dell’indagine commissionata dall’azienda energetica, era all’epoca il professor Stefano Gresta, attuale presidente dell’Ingv.

A pagina 17 del documento intitolato «Integrazione volontaria» si legge: «In assenza di pericolosità sismica associata alla faglia di Mirandola, il rischio sismico è quello calcolato in base alla sismicità storica del sito (quantificata nel 2010 dal Dsg dell’Università di Catania Prof. S. Gresta)». Il passaggio rassicurante è nella quartultima pagina del documento stilato da una équipe coordinata da Stefano Gresta. Le parole sono queste: «In conclusione, i risultati delle stime di pericolosità mediante simulazioni, basate su uno scenario sismico realistico (il terremoto di Parma e Reggio del 1996, magnitudo Mw=5,4) confermano il modesto grado di pericolosità sismica al sito specifico di Rivara».

IL TERREMOTO cominciato il 20 maggio è stato una clamorosa impennata della cosidetta «serie storica» sulla quale si era basato il lavoro del team catanese. Una mail scritta da un alto funzionario dell’Ingv se la prende con le «perle» che ha trovato nella «caratterizzazione sismologica dell’aerea di Rivara». Definisce «medioevale» la «tecnica delle storie sismiche del sito». «Ideale», annota con ironia, in una zona nella quale si sospettano «terremoti rari, ma forti», mentre nel resto del mondo, spiega l’autore, sono basate anche su «dati geologici».

L’autore se la prende con le «castronerie» della relazione e con le «evoluzioni» per dimostrare «che in fondo quello è il posto più tranquillo del mondo», seguendo una «linea scientifica in qualche modo fortemente caldeggiata… dalla committenza». Per un assurdo paradosso, conclude, «siamo stati proprio noi (l’Ingv, ndr) i primi a parlare del potenziale sismogenetico di quella faglia».

Il deposito di gas di Rivara, importantissimo perché finirebbe per trovarsi sia a poca distanza dal gasdotto che arriva dall’Algeria sia da quello che porterà in Italia il gas russo, è stato al centro di un lungo e pesante contrasto di opinioni fra esperti. I geologi di un altro importante ateneo italiano si erano detti convinti dell’esistenza nel sottosuolo di «strutture potenzialmente attive» e avevano consigliato alla Erg di rivolgersi alla Schlumberger di Londra, una filiale della maggiore società mondiale di perforazioni specializzata anche in studi del sottosuolo. Il colosso della perforazione aveva concluso che, in teoria, il deposito di gas di Rivara è sicuro. 

 

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