DI FRANCO
Cronaca

Adesso merita di uscire a testa alta

Ario Costa, ex giocatore di basket, si ritira dopo 13 anni di carriera. La sua presenza a Pesaro è stata una militanza e ora merita rispetto e considerazione per il suo contributo al basket italiano.

Adesso merita di uscire a testa alta

Adesso merita di uscire a testa alta

di Franco

Bertini

E alla fine anche il mahatma Gandhi prese il kalashnikov. Come alla fine ha fatto Ario Costa con gli arbitri e gli arbitraggi. Poi ha chiesto scusa, perché non voleva far male a nessuno, però non ne poteva più, una corda, pur d’acciaio Krupp, tirata per 13 anni, alla fine si rompe scagliando per l’aria pezzi che sono frustate. Perché Ario Costa non è il "gigante buono" dando al termine un’accezione un po’ fiabesca, ma è un "gigante serio" e merita di uscire da tutta questa lunga storia a testa alta, con lo stesso rispetto, stima e considerazione che lo accompagnarono per i tanti anni in cui fu espressione, con i suoi compagni di squadra, del più bel basket che si fosse visto in Italia e dintorni. Da giovane, lo portarono via con le radici e tutto dalla sua terra natia, abbarbicata fra collina e mar ligure, un ulivo umano, lungo e anche un po’ contorto. Lo stagionarono a Brescia, anzi lo temprarono perché la squadra era Pintinox, dunque acciaio, e con un "carico speciale" lo portarono fino da noi, allora Scavolini, perché qui finisse di crescere, mettesse radici profonde e diventasse uno di noi. La sua vita pesarese non è stata solo una "presenza", ma anche una "militanza", dopo i luminosi anni in mutande sul campo gli sono toccati anche una bella serie di quelli con la cravatta dietro alla scrivania. In momenti di carestia, di pandemia, di crisi economiche e societarie. Adesso se ne sentiranno tante, ma solo un autentico ulivo ligure diventato pesarese, con radici tenaci anche in terreni siccitosi, poteva resistere in quel posto a difendere – è inutile ridere – la sua maglia e i nostri colori. Il momento sportivo più esaltante della sua carriera lunga e fulgida fu il suo canestro da tre a firma del primo scudetto contro i milanesi, lui, il più lungo di tutti con un tiro che sembrava un granchio blu. Conoscendolo, avrebbe preferito per sempre quella battaglia in campo aperto, gli sono toccati invece anche lunghe stagioni di guerre più infide e insidiose, non sempre funzionali alla sua personalità. Onore a lui.