È morto ‘Patenta’, aveva 90 anni. La sua porchetta diventata leggenda. E consacrò anche la Maxitavolata

Un simbolo cittadino, legato al basket fin dagli ’50. Andare da lui era una tappa obbligatoria

È morto ‘Patenta’, aveva 90 anni. La sua porchetta diventata leggenda. E consacrò anche la Maxitavolata

È morto ‘Patenta’, aveva 90 anni. La sua porchetta diventata leggenda. E consacrò anche la Maxitavolata

Aveva festeggiato i suoi novant’anni in agosto, gli acciacchi avevano sempre sbattuto contro quella roccia antica che era lui, nel fisico e nella mentalità forte e tenace di altri tempi. Il signor Luigi Pieri se n’è andato ieri mattina, la malattia se l’è preso nella residenza di Galantara dov’era ultimamente ricoverato. Sembrerebbe il triste e affettuoso addio ad un qualunque vecchio e stimato signore se non fosse che quel signor Pieri è in realtà "Gigi di Patenta", o meglio ancora, "Patenta" e basta. Come spiegare al volgo chi è "Patenta" e chi è Gigi? Meglio dirlo in modo indiscutibile: se non sapete dov’è "Patenta" e se non siete stati almeno una volta da lui, seduti sui suoi tavoli dentro o all’aperto, è dura che possiate convincerci di essere di Pesaro. Potete semmai stupirvi della sequenza di P: Pieri, Patenta, Porchetta, Pesaro. Perché "Patenta" non è un soprannome ma un eponimo: si dice "da Patenta" e anche, in dialetto, "la strèda de Patenta", che sarebbe via Risara, dall’azienda Scavolini a Montelabbate. Da quando esiste "Patenta"? Secondo la leggenda da sempre, per la storia dai primi del Novecento. Arrivò lì con la sua rivendita un tale Pieri che veniva da una famiglia di Talacchio insignita a suo tempo dal ducato di Urbino di un diploma per la sua prolificità. Quel diploma divenne il soprannome della discendenza, come "Patente" e infine i "Patenta" di oggi: il padre Gigi, la madre, indimenticata Rosella, i figli Monica, Fabiola, Massimo. La Camera di Commercio direbbe che "Patenta" è un esercizio di generi alimentari. Che sarebbe come dire che gli Uffizi sono delle stanze con qualche quadro appeso ai muri.

Cestisticamente parlando "Patenta" era già dagli anni Cinquanta la "dogana" per i giocatori stranieri in arrivo a Pesaro: nel 1957 il greco Phedon Matheu al secondo bicchiere di rosso versatogli da "Aido" Fava intonava "L’aurora di bianco vestita...", nel 1958 l’americano Innis affermava in dialetto pesarese che la porchetta di Gigi era meglio del tacchino americano del Giorno del Ringraziamento. Come i profeti antichi, sulla porchetta Gigi poteva dire a tutti: "Quando io la facevo, voi ancora dovevate ammazzare il maiale". Senza contare gli affettati, i formaggi, il pane e anche le prime salsicce venute al mondo alla fine della guerra con un macchinario che lui si era procurato nel campo dei soldati canadesi che assalivano la Linea Gotica nel 1944. I suoi piatti furono l’asse portante della Maxitavolata del maggio 1988, la gran festa del primo scudetto del basket cittadino. Cultore della nobiltà della terra, re e regina, con sua moglie Rosetta, della frescura ombrosa del loro locale che sapeva di campagna. Oggi pomeriggio alle 18 recita del rosario, domani alle 15 esequie e funerale, tutto nella chiesa di Villa Ceccolini. Lassù, dalle parti di "Patenta".

Franco Bertini