Fondo per l’ambiente italiano? Non è più una sigla per pochi

Anche il Fai ha pagato il suo scotto. Ci sono stati tempi in cui dovevi avere tre cognomi o un patrimonio familiare che ti esentasse dal lavoro vita natural durante, per essere uno del Fai. Era un po’ roba da "fighetti", tipo i verdi prima maniera, acculturati sulla pelle degli altri, la libidine di portare un poveraccio a visitare, sia ben chiaro in ore ben definite, il salotto del conte cercando di convincerlo che aveva un gran culo a poterci andare.

Un po’ preistoria, un po’ preconcetti, se élite ci fu pare si sia sciolta, si è fatta strada la sana idea che per fare bene le cose bisogna conoscerle e saperle affrontare, avere gente che sta vicina, che si interessa davvero. Sembra come se il Fai stesse muovendosi sulle orme di una Protezione Civile della cultura o una Croce Rossa dell’anima, guidata dalla bella considerazione richiamata proprio dalla nostra delegazione provinciale in occasione di questo massiccio sforzo delle Giornate d’Autunno: "Garantire la sua costante azione di salvaguardia del patrimonio italiano di arte e natura".

Forse del Fai non si capisce ancora bene fin dove riesca occasionalmente a offrirti delle belle occasioni, tipo quelle di questi giorni, e dove invece abbia una sua attività continua di gestione e offerta di qualcosa o magari anche di prese di posizione fondate su sane visioni di bellezza da conservare. Magari il nostro Fai funziona così, d’altronde l’offerta di occasioni concrete per constatarlo non risulta ancora molto ampia.

Certo che il suo compito è delicato, il pericolo è quello di offrire solo cartoline illustrate invece che realtà culturali autentiche. Al di là di alcune coincidenze fortunate, le scelte di queste giornate dimostrano attenzione e sensibilità. Buon per noi.

f.b.