Franco Fiorucci, l’anima su carta L’acquerello che racconta una vita

Il pittore esporrà gli ultimi lavori nel Museo della Linea dei Goti, a Montegridolfo. Una vita trascorsa a disegnare

Franco Fiorucci, l’anima su carta  L’acquerello che racconta una vita

Franco Fiorucci, l’anima su carta L’acquerello che racconta una vita

Quando si vive una infanzia durissima nella città dove si è pensato – prima che altrove alla fine del Medioevo – che l’Uomo è la misura di tutte le cose, si acquisisce una capacità di sopravvivenza al dolore del vivere che può non avere pari.

Franco Fiorucci, urbinate e da decenni legato a Pesaro, racconta sempre questo aspetto nella sua opera grafica. Nel suo lavoro c’è il turbinìo delle cose che può avvolgere chiunque; ci sono sentimenti estremi, colori che scavano nella psiche, c’è il senso del rumore, il sibilo del vento. Ma su carta, quella materia fragilissima che però è il pilastro della civiltà, questa lotta alla fine trova pace con il suo segno che prende forma ora con l’acquerello e basta, a volte con pastelli e acquerello. Quella che ritrae non è una quiete a seguito della quale ci sono risparmiate le sofferenze anteriori. Non ci viene tolta la fatica pregressa, finalmente superata: tutto è visibile. Nei suoi lavori è come se ci fosse una sequenza cinematografica, un po’ come accadeva nella pittura dei grandi del Trecento, in particolare nei cicli degli affreschi nelle chiese. Vediamo tutto quello che è accaduto nell’anima dell’autore, come se fosse possibile cogliere su una sola pagina la prima e l’ultima riga di un libro, con tutta la trama descritta.

Negli acquerelli di Fiorucci troviamo condensato il presente, che è un punto fermo, e ogni travaglio precedente. Quel punto fermo esiste eccome nelle opere, basta osservarle e si capisce che c’è un elemento attorno al quale tutto ruota. Possiamo dirlo: grazie ai suoi lavori l’autore è “salvo“. Ha superato la prove durissime della vita, ce le racconta in ogni lavoro e ci fa sapere che c’è la possibilità di dare un verso equilibrato a tutto, anche se intorno ogni cosa sembra portare alla disperazione. C’è da ripensare alle sue vacche maestose e materne che disegnava fin da giovanissimo (fu vedendo quei lavori che il ceramista Federico Melis notò il giovane Fiorucci e disse a Leonardo Castellani e Francesco Carnevali che quel ragazzo orfano andava subito accolto alla Scuola del Libro; quelle vacche sono state come una natività protettrice e profetica perché annunciavano la sua affermazione).

Oggi Fiorucci intorno a sé ha le migliori certezze della vita, come una famiglia fantastica, fama e successo. Per lui ora la vita è facile, ma tra gli anni Trenta e Quaranta (quando ancora si riteneva che Hitler potesse vincere la Seconda Guerra Mondiale) ha vissuto nell’orfanotrofio di Urbino – dove viveva a causa della morte di tutti i familiari avvenuta nel giro di pochi mesi, ovvero di coloro che si sarebbero potuti prendere cura di lui – una situazione di dolore assoluto, che difficilmente un’anima giovane poteva sopportare.

Erano altri tempi, si dirà. Ma non erano tempi sprofondati nell’antichità: parliamo del Novecento e Fiorucci è oggi con noi, qui presente, a porgerci i suoi lavori che ha scelto per una bella mostra che è doveroso andare a vedere. Ha scelto un luogo insolito, ma neanche tanto fuori tema: il Museo della Linea dei Goti di Montegridolfo, in provincia di Rimini, ma praticamente a due passi dalle case nostre. Da domenica 13 in quel Museo che racconta la resistenza e il dolore alla tragedia dell’ultima guerra, Fiorucci metterà in fila una trentina di opere nel più semplice dei modi: con il passe-partout dalla dimensione giusta e perfetta per i suoi lavori, nessun vetro e nessuna cornice. C’è l’opera al centro di tutto, perché per un artista quello che conta è l’opera. La mostra apre domenica 13 (rimarrà fino al 20 agosto) e alle ore 17 di domenica 13 ci sarà un momento di presentazione dove sarà possibile ascoltare ulteriori riflessioni sul lavoro di un artista che tanto ha influito sulle nuove generazioni di autori contemporanei.

Giovanni Lani