Il Cristo di Vangi per la cattedrale di Seoul

La scultura del Maestro commissionata per la chiesa progettata dall'architetto Mario Botta. Oltre al crocifisso anche l'Annunciazione e l'Ultima cena

Giuliano Vangi con il suo Cristo e la chiesa dove andrà, a Seoul in Corea del Sud

Giuliano Vangi con il suo Cristo e la chiesa dove andrà, a Seoul in Corea del Sud

Pesaro, 3 ottobre 2020 - Si presentano oggi alla stampa il crocefisso scolpito da Giuliano Vangi, l'Annunciazione e l'Ultima cena disegnate (ben quaranta metri di lunghezza per tre metri d'altezza) per la cattedrale di Namyang (Seoul, in Corea del Sud), progettata dall'architetto Mario Botta. Abbiamo incontrato Giuliano Vangi nel suo studio di Pesaro, dove abbiamo visto in anteprima le opere che tra non molto partiranno per la Corea del Sud.

Al termine della visita vengono spontanee riflessioni su questa opera immensa che Vangi ha realizzato alla soglia dei suoi novanta anni.

Scorriamo i libri di storia dell’arte: non c’è secolo passato in cui non si descrivano altro che centinaia di opere nate nella nostra terra, finite in tutta Europa; dal Novecento anche nel resto del mondo con le acquisizioni delle più importanti istituzioni. In questo secolo che è ancora “corto“ – abbiamo consumato appena venti anni – cosa possiamo dire di aver dato al resto del mondo? La nostra terra che fu tra le più feconde nella produzione artistica dal ’400 in poi, cosa ha generato di visibile e riferimento a livello mondiale? Sicuramente il lavoro di Giuliano Vangi che pur essendo toscanissimo – il suo straordinario studio a Marina di Pietrasanta è di quelli che impressionano per vastità e organizzazione – è anche fortemente marchigiano. Non solo perché in buona parte dell’anno vive a Pesaro, in riva al mare, ma perché il trait d’union tra il suo mondo d’origne il nostro è la cultura Rinascimentale che tanto nel Ducato di Urbino quanto in Toscana ha vissuto i momenti più alti. E’ nella continuità di questo spirito che Giuliano Vangi è anche a pieno titolo un autore della nostra terra – davvero la terra del Rinascimento –; il suo lavorare anche solitario nel duro periodo dell’isolamento del lockdown, il produrre migliaia di schizzi e disegni per arrivare alla perfezione di una sintesi e il felice confronto con l’architetto Botta, fa di lui un uomo del Quattrocento, felicemente presente nel nostro XXI secolo.