L’atto di pietà può rinascere dalla scultura

Performance delle artiste Gheller e Toccacieli per celebrare la Fondazione del Monte a Bologna.

L’atto di pietà  può rinascere  dalla scultura

L’atto di pietà può rinascere dalla scultura

Il Monte di Pietà di Bologna compie 550 anni e festeggia con una mostra dell’artista urbinate Giulietta Gheller. L’esposizione, inaugurata martedì nella sede della Fondazione del Monte, un palazzo in pieno centro del capoluogo emiliano, è un evento-lampo di pochi giorni, ma che lascerà all’ente una eredità permanente: la scultura intitolata “Ostrakon“, realizzata per l’occasione da Gheller e attorno alla quale ruotano anche gli altri pezzi in mostra.

"Si tratta di sette opere totali – racconta l’autrice – tra sculture, dipinti e video di performance. Diverse opere che avevo realizzato negli anni passati sono state rivisitate, mettendole a contatto col materiale dell’archivio del Monte di Pietà, come i registri dei pegni che la gente faceva per ottenere un prestito dal Monte". Un’opera ad esempio è formata da una vera e propria montagna di pesantissimi tomi da centinaia di pagine, e sulla cima un mezzobusto umano: una rivisitazione dello stesso “logo“ del Monte di Pietà, fatto appunto da un monte sormontato dal busto di Cristo. Ma l’opera più importante, Ostrakon, è… made in Fermignano. "Era lo scorso marzo – continua Gheller – quando con l’attrice Alice Toccacieli abbiamo realizzato la performance che ha dato vita ad Ostrakon. All’ex mattatoio, che era luogo di violenza, Alice ha distrutto una mia statua, simbolo delle vite ridotte sul lastrico, e poi io ne ho riassemblato i cocci, dandole una seconda vita, un po’ ciò che faceva il Monte di Pietà. Nella statua come nella vita, tanti frammenti non sono nulla, ma col tempo e l’intervento di chi ha “pietà“, si può tornare a un nuovo vivere".

La performance, visibile in mostra accanto alla scultura ricomposta, da ora nelle collezioni permanenti del Monte bolognese, è stata ripresa dal regista urbinate Luca Magi, con musiche di Francesca Qoya. La scelta di un busto femminile, quasi in antitesi col Cristo in pietà, non è casuale: "Quasi tutte le figure in mostra – chiude Gheller – sono femminili. Ho sostituito in un certo senso l’homo patiens con una mulier patiens. Anche le donne del resto fruivano il Monte di pietà, ed erano più fragili, pur dotate di grande tenacia e sopportazione della sofferenza. Sicuramente la mostra è una scommessa che la Fondazione ha accettato con coraggio. Ho cercato di portare un messaggio, che tutti siamo a volte costretti a prendere una posizione nuova, di fronte alla quale tutti siamo uguali e nudi, giungiamo a un punto di rottura ed è lì che inizia ad instaurarsi pietà ed empatia verso il prossimo".

Giovanni Volponi