FRANCO
Cronaca

Le impressioni del ’Ragno’: "Bello sì, perché moderno. Ma il mio palas aveva i sapori forti dell’osteria"

Franco Bertini torna all’epoca in cui ha vissuto la vera natura del ’mostro’, ora "un damerino" "L’hangar è sempre lui: e chi mi racconterà del Valter invasato a preparare la grande tavolata?".

Le impressioni del ’Ragno’: "Bello sì, perché moderno. Ma il mio palas aveva i sapori forti dell’osteria"

Le impressioni del ’Ragno’: "Bello sì, perché moderno. Ma il mio palas aveva i sapori forti dell’osteria"

Bertini

Non andate mai alle inaugurazioni di luoghi che avete frequentato da giovani, dove avete speso passione, amore e orgoglio, dove avete condiviso vittorie e sconfitte con migliaia di altre persone, prima giovani come voi e poi che come voi sono diventate adulte.

La cerimonia di inaugurazione dell’hangar di viale dei Partigiani diventato ieri ufficialmente l’Auditorium Scavolini è stata come la consacrazione di una nuova chiesa, con tutti i contorni previsti da casi del genere.

Cancelleremo quindi per sempre d’ora in poi quello che fu prima di ieri 29 febbraio, tranne qualche momento, fra cui la "standing ovation" a Valter Scavolini salito sul palco e la presenza, muta ma loquace e significativa quanto basta, rappresentati dalle ditte cittadine che hanno portato finalmente a termine un’opera che si stava trascinando zoppicante da anni.

Ma perché si deve rischiare di trasformare in una pallosa cerimonia ufficiale un momento che doveva essere di gioia, di memorie vive, di trasgressività nei limiti del giusto, fino al punto in cui siamo finalmente venuti a sapere che Rossini a vent’anni aveva gia scritto otto opere? E chi se ne frega. A Rossini quel che è di Rossini, ma nei posti, nei momenti e nelle sedi giuste, al Palasport di viale dei Partigiani quello che è suo.

Sono stati spesi centinaia di migliaia di euro per una Biosfera che ci fa strabiliare sul mondo e non siamo stati capaci di ricostruire una decente realtà visiva ed emotiva di ciò che ha rappresentato per la città quel "mostro" ora diventato un damerino con tanto di sedilini.

Era un calderone, il vecchio palas, dove bolliva tutto e di tutto, era un minestrone che ha alimentato, nel bene e nel male, nel brutto e nel bello, gli anni giovanili di intere generazioni di pesaresi, chi sul campo e chi, tantissimi anche ieri sera, sulle tribune in attesa di emozionarsi.

Abbiamo imparato anche che Scavolini ha dieci nipoti, complimenti, ma chi mi racconterà invece il Valter invasato, assieme al fratello Elvino, nel preparare la Maxitavolata del 1988, quella ello scudetto, che rimarrà, come meno male lui stesso ha detto, una cosa unica nella storia della città?

Ci sono mille altre sedi per fare "propaganda" politica legittima e doverosa, ma ci sono anche occasioni come quella di ieri sera, in cui quella propaganda non scalda nessun cuore, dove la voglia è quello di ricordare con gioia, in un momento di soddisfazione, anche quanto eravamo "ignoranti".

Il Palasport, che ora si chiama Auditorium, è sempre lui: un’idea platonica che col passar dei decenni acquista sembianze diverse come del resto è giusto che sia.

E’ bello, questo nuovo Auditorium inaugurato davanti a 1500 persone, come sa esserlo la modernità. Ma in attesa del futuro cogli per un attimo, con convinzione e amore, quel passato autentico che stona coi salamelecchi della formalità.

Quel posto per tanti anni è stato una osteria fuori porta, adesso invece rischia di diventare una paninoteca vegana. Ma noi non ci saremo.