Quell’ansia di partire Il mio esorcismo per un compleanno

In questo articolo, l'autore esplora la sua vita e le sue esperienze in una prospettiva di partenza, esorcizzando un compleanno che ricorda l'arrivo delle leggi razziali in Italia. Un'introspezione personale che ricorda la situazione storica e la sua personale riflessione sulla partenza.

Apro gli occhi e chi ti trovo? Il duce e il re, le leggi razziali in arrivo, la sede delle Gioventù italiana del littorio in via Passeri da cui escono inquadrati e impettiti i figli della lupa che coi capimanipolo in testa discendono inquadrati lungo via Mazzini, mia nonna che dalla finestra del primo piano richiama aspramente suo nipote Luciano, secondo lei vestito da "bugatto". Come Gozzano, rinasco nel 1938, addì 28 agosto e infatti ecco "il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro". Assolutamente da esorcizzare.

Una sera s’era fatto tardi, rumori e suoni diventavano tenui. Da un grigio chiaro e spento, laggiù in fondo al cielo, il buio avanzava via via più scuro, con una striscia di nero già adagiata proprio sul profilo delle colline lontane. E’ stato lì che per la prima volta ho pensato che prima o poi mi sarebbe toccato di partire, anzi no, la prima volta fu un microsecondo di qualche anno prima, sul pianerottolo del terzo piano delle scale di casa. Prima o poi dovrò partire, mi ero detto con la stessa lucidità che ci vuole per mettere nel canestro due tiri liberi a tre secondi dalla fine con un punto di svantaggio. Ma già al secondo gradino della nuova rampa me n’ero dimenticato. Tuttavia quella sera nell’oscurità calda e amica della casa sorgevano bisbigli, voci profonde e infantili insieme. Risolini, fruscii, forse gli alberi accarezzati dalla brezza notturna. Te vai pure, che noi restiamo qui, sembravano dire quelle voci. Quasi quasi stavo per tirare fuori la valigia come se dovessi partire davvero, come quella volta che feci il mio primo viaggio in treno fino a Rimini, con la valigia e le scarpe da basket dentro, trentacinque fantastici chilometri in uno di quei treni enormi col fumo sopra.

Ma che cazzate sto facendo?, mi dissi ad un certo punto, ti stai rincoglionendo addirittura prima di diventare vecchio. Poi con ‘sta mania della partenza mi ero un po’ rotto, anche se mi era rimasta la fissa di dove avrei messo i miei libri visto che avevo una valigia poco più grande di un borsone. Anche ieri mattina mi sono svegliato con l’idea che dovevo partire. Ormai non ci faccio manco più caso. Quando dovrò veramente partire la valigia me la farà qualcun altro. Esorcismo per un compleanno.

f. b.