Così il clan diede l’assalto al laboratorio di via Levico

Nel settembre 2018 un imprenditore cervese aveva ceduto il laboratorio di pasticceria di via Levico, a Cervia, firmando con la ’Dolce Industria’ della famiglia Patamia un contratto di cessione del ramo d’azienda per 353mila euro. Adempimento garantito con l’emissione di effetti cambiari compilati in modo irregolare dal Patamia e non presentabili all’incasso dal vecchio proprietario. Al quale, inoltre, sempre senza alcun vantaggio economico fu poi imposta – secondo le indagini – con minacce e intimidazioni una modifica contrattuale, che consentisse di fare subentrare alla Dolce Industria srl la Fp Group srl, sempre riconducibile ai Patamia, e successivamente ceduto alla società ’La dolciaria italiana’ (quasi omonima al nome originario) controllata da Saverio Serra, che in tal modo sin dall’ottobre 2019 – secondo gli investigatori della Dda di Bologna – utilizzava l’immobile e i macchinari di fatto senza addossarsene i costi.

L’imprenditore cervese, spazientito da questa situazione paventò l’intenzione di ricorrere alle vie legale, ma le reiterate e costanti minacce ricevute lo indussero poi a desistere. Già nel gennaio 2019, visto il diniego del cervese nell’accettare la rinnovazione del debito, Francesco Patamia lo aveva così catechizzato: "Io piuttosto che ridarti indietro l’azienda te la brucio con la benzina". Il 30 ottobre 2019, un’altra telefonata e nuove minacce: "Se ti rivolgi a un avvocato sappi che ci saranno delle conseguenze". Impaurita e consigliata dal suo legale – dicono gli inquirenti – la vittima rinunciò a ottenere indietro il laboratorio, patendo un danno economico stimato in 269mila euro. Le avvisaglie erano già chiare dal Natale 2018, quando un componente del sodalizio, uno dei 34 indagati, si presentò di notte nel laboratorio dove i dipendenti lamentavano i mancati o ritardati pagamenti degli stipendi e si sentirono dire che era inutile remare contro la Fp Group, e che bastava andare su internet e digitare il cognome Patamia per rendersi conto che non era il caso. Quando avevano il controllo della pasticceria, i Patamia sono anche accusati di avere sottoposto i lavoratori a condizioni di sfruttamento: lavoravano fino a 12 ore di fila, senza usufruire di riposi settimanali e ferie accumulate, venivano pagati meno di quanto previsto dai contratti collettivi, presi di mira con insulti e costretti pulire con acidi senza le dovute protezioni.

l. p.