Avvocato Liborio Cataliotti: "Non sono per i muri ma per un ’contratto sociale’ con chi viene a vivere qui"

Il penalista ed ex berlusconiano: "Tarquini è il candidato migliore da spendere come civico. Da cosa partire? Riqualificare i bei palazzi di via Roma e poi il parcheggio dell’ex Caam".

Avvocato Liborio Cataliotti: "Non sono per i muri ma per un ’contratto sociale’ con chi viene a vivere qui"

Avvocato Liborio Cataliotti: "Non sono per i muri ma per un ’contratto sociale’ con chi viene a vivere qui"

Liborio Cataliotti, 58 anni, principe del Foro e professore all’università di Parma, non ha mai nascosto due grandi passioni: la politica e il pallone ("non mi hanno fatto cambiare la fede per l’Inter neanche quando entrambi i fratelli Berlusconi mi hanno portato allo stadio a vedere il Milan... ").

Avvocato, aveva pensato di candidarsi a questa tornata elettorale?

"Mi avevano chiesto di formare una lista civica, come quella di Tarquini, nel caso il suo progetto non fosse andato in porto. Per fortuna però è andata diversamente, sono contento così. Giovanni è un ottimo professionista e un caro amico; il candidato penso migliore, spendibile come civico. Io ho fatto politica attiva per vent’anni e difficilmente sarei stato spendibile come civico".

Tre mandati da consigliere comunale, uno da consigliere provinciale. E sempre da Berlusconiano di ferro. Perché ha smesso?

"Sono stati tra i primi tesserati di Forza Italia a livello nazionale. Credo che la mia tessera fosse la numero 117... E sono stato sette anni nel consiglio nazionale del partito. Poi ho smesso per ragioni lavorative, anzi ho iniziato a frequentare la famiglia Berlusconi proprio in concomitanza della fine dei miei mandati... "

Le piacerebbe tornare in campo?

"Tutto è possibile. A me piacerebbe far tutto, se fosse per me farei ancora anche il calciatore. Ma tutto non si può fare. La politica è una passione assoluta".

Parliamo di programmi. Quali sono i problemi principali della città?

"In questa meravigliosa città la popolazione è storicamente cultrice di un senso civico eccezionale. Il mio babbo, che era notoriamente di destra, mi diceva sempre: ’Ricordati che noi a questa città dobbiamo tutto’. Lui era di mamma americana, nata in Pennsylvania da una famiglia di emigranti, dove ho ancora metà della famiglia. Si trasferì qui dalla Sicilia piccolissimo. È per quello che io per l’immigrazione ho un occhio particolare. Ma questa città credo che abbia sintomi di diverse malattie. E se si vuole fare un programma credo che si debba partire da qua. Domandandoci quali sono i sintomi e quale ne è la causa. E se la causa è la politica amministrativa locale il prossimo programma deve essere curativo".

Ed è così?

"Al 100%. I tre dati che scontentano la popolazione sono: criminalità (da strada e organizzata), il tema dei temi; secondo: il vuotamento del centro storico; terzo: il cambiamento del tessuto sociale, perché sono troppi i disadattati per le strade (e non ne faccio questione di cultura o di etnia). Si è consegnato il centro della città a bande di bulli, spacciatori e piccoli delinquenti. Tre temi che sono evidentemente connessi uno all’altro".

Che cosa pensa del candidato del centrosinistra Marco Massari?

"Non lo conosco. Leggo che è stimato. L’opinione che mi ha dato è che nasca già come sindaco commissariato da quello che sarà il vicesindaco. Spero che non sia così, sarà il programma a rivelarlo. Ma temo che possa essere uno specchietto per le allodole. Quindi lo invito a stare molto attento e a ragionare con autonomia".

La sua posizione sull’esercito però è stata inaspettata e ha creato qualche scompiglio nella coalizione...

"Ma questo è curare il mal di denti con l’antidolorifico, non è andare alla radice del problema. Se ci sono disadattati sociali per strada servono progetti di inserimento, alcuni dei quali dipendono alla prefettura, altri da associazioni di volontariato e programmi sull’edilizia popolare. Quello è il programma da farsi per evitarne la ghettizzazione. E serve un progetto a medio-lungo termine. L’esercito è evidentemente un tampone. E non si può non essere favorevoli, figuriamoci. Ma queste tre malattie della nostra città come si fa a dire che non siano state indotte dalla politica?"

Che cosa hanno sbagliato?

"Primo: in modo scientifico, favorendo più o meno consapevolmente i grandi centri commerciali. I primi li vidi in America, fra una città e l’altra, e lì avevano un senso. Qui sono privi di identità culturale e hanno solo svuotato il centro storico. Si vuole una città in cui il centro viene vuotato, in cui la borghesia si sposta verso le colline, in cui i commercianti realizzano il negozio bis o l’unico negozio nei centri commerciali? È un modello, può piacere o no. A me non piace. Resto convinto che il cuore pulsante debba essere il centro. Con il tribunale, una banca cittadina a dimensione d’uomo, gli uffici amministrativi e tutto l’indotto, i piccoli commercianti, financo le scuole. Questa fu una scelta che risale a 30 anni fa, che ho sempre deprecato e che sta producendo i suoi effetti".

È un’operazione reversibile?

"Aspettiamo i programmi. Va da sé che è dalle case, dalle ristrutturazione degli edifici – abbiamo palazzi meravigliosi abbandonati – che si deve cominciare. L’emergenza abitativa e i negozi sono la base. Vorrei fare un esempio, per far capire quanto è strana la politica... "

Prego.

"Noi abbiamo ottenuto la stazione Mediopadana, grandissimo successo politico, certo. Ma è andato in sofferenza il quartiere della stazione tradizionale, che è diventato un vero e proprio ghetto. A Parma non hanno goduto della Mediopadana, ma hanno riqualificato la loro stazione storica per far passare l’alta velocità, e conseguentemente ne ha giovato tutto il quartiere circostante. Questa è progettualità. E faccio riferimento a una città che da decenni non viene amministrata dal centrodestra. Può anche piacere un’ipotesi di città decentrata: ho letto che l’architetto Severi si spendeva sulla Rosta... Io rimango affezionato a una visione assolutamente centrica della città. Il cuore pulsante non può essere nei piedi o nelle mani. La maggior difesa del centro storico è che ci siano gli abitanti che lo popolano e lo vivono".

E da dove si riparte?

"Localizzando ciò che contraddistingue la vita pubblica quanto più possibile in centro storico. Dell’ex carcere che destino è stato deciso, ad esempio? Perché una sede ideale per un comparto dell’università avrebbe potuto essere lì. La scelta della caserma Zucchi, da questo punto di vista, si rivelò illuminata, scelta la cui paternità io assegno più a Carlo Baldi che all’amministrazione. Apprezzabile anche la scelta del seminario. Ma laddove si possono utilizzare edifici che sono in centro storico, lì si portano i ragazzi".

Parliamo del fenomeno migratorio e del suo impatto.

"È un fenomeno irreversibile, per questo non ha senso parlare di muri. Vengo da una famiglia di migranti e non vedo lo straniero con ostilità. Mi chiedo, però, se questo non imponga ancora di più di difendere la nostra cultura: perché la cultura vince sempre. Quando i romani sconfissero i greci, gli intellettuali greci vennero presi come precettori dell’oligarchia romana. E i 9/10 del nostro vocabolario provengono dal greco: di fatto la guerra l’hanno vinta loro. Se uno straniero viene a vivere qua, noi abbiamo un contratto sociale; come diceva Rousseau nell’illuminismo – ’Un tacito contratto sociale tra i consociati’ –, fatto di regole di vita che abbracciano tutto: alimenti, norme del vivere civile e penali. Credo che uno straniero si debba conformare al contratto sociale".

È una ricetta possibile?

"Serve una difesa della nostra cultura, del nostro folklore, delle nostre tradizioni. Ciò che ci identifica va promosso. A parte il fattore religioso (che è irrazionale per definizione),tutto il resto verrà promosso da chi sceglie di vivere in questa comunità. Ma è possibile che qui si contino sulle dita di una mano i ristoranti che fanno cibo reggiano? È sinceramente incredibile".

Diamo un ordine di priorità, operative e concrete, dunque.

"Riqualificare via Roma, c’è un palazzo più bello dell’altro. E i parcheggi: era il mio cavallo di battaglia in consiglio comunale, lo è ancora. In piazza della Vittoria volevamo un parcheggio al servizio dei cittadini, cosa che non è stata fatta. E, finalmente, portiamo a termine ciò di cui si parla da vent’anni: il parcheggio interrato sotto piazzale Ex Caam. Questa è la città che vorrei".