LARA MARIA FERRARI
Cronaca

’Diacronica’ di Galliani "Col disegno ho scelto di portare al limite ciò che pareva impossibile"

La mostra monografica del maestro a Palazzo Reale a Milano "Nella seconda sala lo sguardo è rivolto al cielo e alle infinite letture che ne possiamo trarre" .

’Diacronica’ di Galliani  "Col disegno ho scelto  di portare al limite ciò  che pareva impossibile"

’Diacronica’ di Galliani "Col disegno ho scelto di portare al limite ciò che pareva impossibile"

di Lara Maria Ferrari

"Scatto incessantemente immagini con il telefono ed entro ancora nelle cattedrali dell’Arte del passato", rivela Omar Galliani scoprendo in parte i luoghi del suo immaginario, e disegna un tempo lunghissimo, come in ‘Diacronica’, monografica a lui dedicata ora in corso a Palazzo Reale a Milano, fino al 24 settembre. Seguitelo e avrete in cambio un nuovo, fulgido significato della parola arte.

Maestro Galliani, quali sono i grandi temi della vita e dell’uomo che rappresenta in mostra?

"Nella seconda sala di Diacronica lo sguardo è rivolto al cielo e alle infinite letture che ne possiamo trarre: religione, scienza, gnosi. Le grandi tavole dedicate a tre costellazioni – Orione, Prometeo, Cassiopea – mostrano tre parti della nostra anatomia corporea, ovvero il bacino femminile (la vita), una vertebra (la postura), la mandibola (la parola, il nutrimento). Le funzioni primarie del nostro corpo proiettate in un universo di stelle, galassie, mondi. La nostra origine è stata più volte fatta risalire alle stelle. La bellissima frase latina ‘De Sidus’, tradotta anche in un’altra altrettanto odierna e magica parola, ‘Desiderio’, significa letteralmente ‘ricerca appassionata di Stelle’ o anche… ‘in mancanza di Stelle’, le stesse dalle quali noi saremmo stati originati. Il corpo è al centro del mio lavoro, senza escludere ciò che sfugge all’anatomia più cruda e che ha nelle varie rappresentazioni religiose o gnostiche il nome di Anima".

Nelle sezioni, nella sede museale ospitante e scorrendo l’elenco di enti e gallerie che hanno collaborato, si intuisce lo straordinario impegno espositivo. Com’è avvenuta la selezione delle opere?

"Per una mostra che si dipana su 1200 mq è difficile scegliere. Non ho voluto chiamarla antologica, anche se a molti potrà sembrare tale. Piuttosto un tempo sospeso in cui si attraversano tematiche, tecniche e poetiche che si riallacciano, sia pure nella differenza degli strumenti e dei supporti. La scelta si è basata sulla spettacolarità degli spazi a cui ho risposto con opere altrettanto spettacolari".

Quali gli inediti realizzati appositamente per Palazzo Reale?

"Riflessi è un’opera di notevoli dimensioni, inedita, misura 3 metri di altezza per 6 di larghezza (trittico), interamente a matita su tavola di pioppo. Tre momenti diversi legati alla luce: una lampada che illumina un soffitto, le montagne dell’appennino che si specchiano in un lago, una macchia solare che si espande dal sole nell’infinito di un cielo pieno di stelle. Traiettorie dell’Essere: sei teste in acciaio inox (scultura inedita del 1983) nell’atto di lanciare una freccia in direzione delle costellazioni di Orione, Prometeo, Cassiopea".

Lei parla di ‘disegno infinitissimo’, crede nella sua eternità e quindi nella sopravvivenza a chi lo ha realizzato. Quando ha capito che il disegno possiede tale dote, rispetto ad altre tecniche artistiche?

"Il disegno non ha tempo, o meglio supera il tempo in quanto presente sin dalle prime tracce intelligenti dell’umanità. Ho scelto il disegno pur mantenendo con la pittura un rapporto annuale con un grande dipinto invernale quando e se nevica. Il disegno ha nella storia dell’arte un ruolo ancillare se si esclude Leonardo e pochi altri. Ho scelto di riportarlo sulla scena adottando un supporto inedito – il legno – e uno strumento sconosciuto fino agli inizi dell’Ottocento, ovvero la grafite. La grande dimensione ha fatto il resto. Non esistevano disegni finiti di queste dimensioni. Ho scelto di portare al limite ciò che appariva impossibile per uno strumento sempre vincolato alla pittura".

Perché ha intitolato ‘De Rerum Natura’, come il testo di Lucrezio, la grande tavola che fa da immagine guida alla mostra?

"De Rerum Natura è l’opera che ho dedicato nel 2020 alla memoria di mio figlio Massimiliano, scomparso nello stesso anno. È un inno sublime che Lucrezio lancia alla natura e alla sua bellezza contro la caducità delle cose del mondo, dell’uomo. L’immagine efebica porta con sé, in un gesto di compassionevole trattenimento, una piccola quercia sulla spalla con piccoli frutti rossi (il melograno simbolo di vitalità e passione con i suoi chicchi rosso sangue), mentre alle sue spalle dal cielo cadono morti piccoli colibrì. Morte e rinascita".

Sappiamo del suo forte legame con l’Estremo Oriente. Che cosa le hanno donato gli incontri con quei luoghi, popolazioni e culture, a livello spirituale?

"Le tante mostre realizzate in Oriente mi hanno aperto nel tempo piccole o grandi finestre d’ascolto. Anche la Cina dell’Arte si è omologata in gran parte all’Occidente, pur mantenendo vive tradizioni, dagli ideogrammi alla poesia tracciata con l’acqua su di un caldo pavimento estivo, che evapora in pochi istanti, quando al di là della siepe il traffico assoluto delle auto e della tecnologia sembra assumere l’unico valore importante".

Guardando all’insieme della sua opera, ai lavori monumentali e non solo, si ricava l’impressione di un artista sempre curioso del mondo che lo circonda, e attento indagatore dello spazio e della transitorietà del nostro tempo. Che ne pensa?

"Tutto è transitorio e nella transitorietà convivono tempi differenti. Io navigo in questo tempo sospeso tra il passato, il presente e il futuro. L’Arte non ha tempo, anche se le si vuole riconoscere tale dipendenza dettata dalle mode, dall’economia che cambia con il cambiare delle circostanze ambientali, sociali, religiose, belliche, atee ecc. Tutta l’arte non ha tempo ed è contemporanea a sé stessa. È forse l’unico valore che, insieme all’acqua e pochi altri elementi come il fuoco e le stelle, resta inviolata nel suo perenne desiderio di mostrarsi a chi ne sa cogliere il messaggio".