Dieci interdittive antimafia in due mesi. Il prefetto: "Territorio complesso, permeato dal crimine organizzato"

Cocciufa: "Pressioni in modalità anche sofisticate nei confronti di aziende che si rivelano compiacenti". Il fronte dell’Operazione Minefield, custodia cautelare in carcere per i fratelli Lequoque e Ranati .

Dieci interdittive antimafia in due mesi. Il prefetto: "Territorio complesso, permeato dal crimine organizzato"

Dieci interdittive antimafia in due mesi. Il prefetto: "Territorio complesso, permeato dal crimine organizzato"

Sono dieci le interdittive antimafia firmate dal prefetto di Reggio da inizio anno a oggi. Nel 2023, sono stati spiccati 61 provvedimenti nei confronti di aziende reggiane a rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata. "Le nuove misure rispecchiano l’impegno quotidiano sul fronte antimafia non solo della Prefettura ma anche delle forze di polizia", è il commento del prefetto Maria Rita Cocciufa.

Da corso Garibaldi arriva inoltre una riflessione sull’operazione Minefield dei giorni scorsi, che ha scoperchiato un giro di fatture false e altri reati fiscali. Per il prefetto Cocciufa, l’inchiesta "mette in luce la complessità di questo territorio, che continua a rivelarsi particolarmente permeato dalla criminalità organizzata, che gestisce significative quantità di denaro ed esercita pressioni anche con forme e modalità sofisticate nei confronti di aziende che si rivelano compiacenti". Il prefetto rimarca la necessità "di non abbassare la guardia nelle attività di prevenzione e repressione di tale fenomeno".

Il fronte Minefield. Davanti al giudice delle indagini preliminari Luca Ramponi ieri si sono tenuti gli interrogatori di garanzia dell’operazione ‘Minefield’. Sono comparsi i fratelli Gionata e Samuel Lequoque, di 45 e 38 anni, nati a Crotone e di stanza a Reggio, difesi dall’avvocato Nicola Tria. E anche Leonardo Ranati, 51enne di Reggio, che ha risposto per lungo tempo alle domande: "Ha cercato di chiarire la sua posizione", dichiara l’avvocato Nico Vaccari che ha chiesto un alleggerimento della misura cautelare.

Lui e i Lequoque sono stati sottoposti alla custodia cautelare in carcere. Secondo la ricostruzione accusatoria i tre sarebbero a capo del gruppo criminale dedito alla strutturazione di società create per emettere fatture per operazioni inesistenti e vendere servizi illeciti di falsa fatturazione a imprenditori con un volume d’affari fasullo di oltre 20 milioni di euro

Poi è stata la volta di Guido Cigni, 44enne che era destinatario dei domiciliari, ma si trova in carcere perché è senza fissa dimora: "Ci siamo riservati di cercare un’abitazione anche attraverso canali di beneficenza", dice il suo avvocato Carlo Padula. Lui si è sottoposto all’interrogatorio, dicendo di non saper rispondere su alcune circostanze.