MARIAGIUSEPPINA BO
Cronaca

’Disintegrata’ di Silvia Rosi. Scatti vernacolari di vita

Alla Collezione Maramotti la prima mostra personale della scandianese

’Disintegrata’ di Silvia Rosi. Scatti vernacolari di vita

’Disintegrata’ di Silvia Rosi. Scatti vernacolari di vita

Foto ordinarie, quotidiane, cosiddette vernacolari che diventano straordinarie nel percorso di Silvia Rosi di Scandiano, che lavora tra Londra e Modena. La Collezione Maramotti, di Silvia Rosi presenta la prima mostra personale istituzionale italiana, dal titolo ’Disintegrata’ (28 aprile - 28 luglio 2024), per Fotografia Europea, incentrata su ’La natura ama nascondersi’. Rosi ha genitori togolesi, porta con sé Il ‘diario’ della sua esperienza, della diaspora togolese, di quelle africane e le immagini vernacolari diventano arte, segno di collettività, confronto e decostruzione di stereotipi, costruzione di nuove identità. La sua esposizione è specificamente concepita per la Collezione, con 20 nuove opere fotografiche, alcune immagini in movimento e un nucleo di fotografie d’archivio raccolte dall’artista in Italia, principalmente in Emilia-Romagna, tra il 2023 e il 2024. La mostra è l’inizio di un ampio progetto per l’attivazione di una rete italiana di cittadini afrodiscendenti, per una community building e la formazione di un archivio familiare delle diaspore afrodiscendenti in Italia. Rosi vuol approfondire nuove possibilità di trasmissione della conoscenza visiva attraverso immagini vernacolari. Queste foto hanno complesse funzioni sociali, diventando strumenti, per i soggetti e gli osservatori, per affermare o indagare questioni di identità personale, appartenenza familiare, identificazione di genere, status di classe, affinità nazionale o appartenenza a comunità, conformi o in contrasto con le norme sociali. Coadiuvata dal lavoro di Mistura Allison, Theophilus Imani e Ifeoma Nneka Emelurumonye, l’artista ha raccolto centinaia di fotografie ordinarie, scatti di album di famiglia, che raccontano la quotidianità degli emigrati dall’Africa prima del 2000. Rosi sceglie l’autoritratto per far emergere i diversi aspetti che convivono in tutti, trasformando storie personali in racconti collettivi.

Appaiono in un contesto disintegrato dalla quotidianità: comodini di famiglia, un casco asciugacapelli, tessuti africani dai motivi geometrici, valigie, parrucche, abiti della madre, sono alcuni degli accessori narranti inseriti nei set delle figure che da ordinarie diventano stra-ordinarie, così come, le automobili anni ’70, la natura collinare, le strade della città, i piccioni e le architetture di una piazza diventano comprimari dell’autorappresentazione quotidiana. Rosi, nella sua pratica artistica riflette sulla costruzione dell’identità attraverso diversi spazi creativi, dall’album di famiglia come luogo intimo, che emerge dal passato, al paesaggio abitato da corpi neri. La mostra mette in scena, un immaginario venato di umorismo, dall’idea di ‘italianità’ nel nostro attuale territorio. Rosi si ispira ad artiste come Cindy Sherman e Gillian Wearing, ai fotografi africani Seydou Keïta, Malik Sidibé e Samuel Fosso e le immagini vernacolari tengono o il filo della narrazione nella creazione della rappresentazione di noi stessi e di come vorremmo essere visti. Per Rosi divengono un mezzo per confrontarsi o sfidare gli stereotipi sulle persone afrodiscendenti, offrendo un ritratto alternativo sull’identità degli individui, così come di ciò che potrebbero diventare. Mostra con libro, testo di Pelumi Odubanjo, curatrice, scrittrice e conversazione fra Silvia Rosi e Ilaria Campioli (sezione Fotografia Musei Civici). Visita con ingresso libero, orari di apertura della Collezione permanente: giovedì e venerdì 14.30/18.30; sabato e domenica 10.30/18.30. Info: collezionemaramotti.org