Due operazioni e il Covid. Ma Mazzacani è in piedi

Storia di un trapiantato: "La dottoressa Suarez mi ha toccato il cuore, letteralmente. Dopo l’intervento persi 30 kg, muovevo solo gli indici. Ma sono ripartito da zero".

Due operazioni e il Covid. Ma Mazzacani è in piedi

Due operazioni e il Covid. Ma Mazzacani è in piedi

"Senza ombra di dubbio è l’unica donna che… mi ha toccato il cuore. Grazie per sempre". Così Maurizio Mazzacani, geometra bibbianese di 60 anni, parla della cardiochirurga implantologa Sofia Martin Suarez, della Trapiantologia Cardiaca dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, tra le prime donne ad eseguire nel nostro Paese trapianti di cuore in un reparto che è tra le eccellenze della sanità italiana. Al suo attivo circa 200 interventi, uno dei quali ha salvato un uomo speciale per la vita socio-politica della Val d’Enza: da circa 8 anni Mazzacani organizza i Viaggi della Memoria Anpi e la Festa Pd del Parco La Manara. "Ho affrontato il trapianto e la vita che ne consegue guardando sempre il bicchiere mezzo pieno: un po’ per carattere, un po’ per le persone che ho vicino - racconta -. Se sono qui per oltre il 50% lo devo alla mia famiglia. E poi le centinaia di volontari del Manara e la mia stessa comunità, una rete. Grazie a loro non mai avuto bisogno di supporto psicologico, che pure è previsto per i trapiantati, gratuito".

Mazzacani era un eccellente nuotatore: "A 40 anni, durante una prova, i medici si accorgono di una anomalia elettrica: era provocata da una valvola bifida. Non mi dava problemi, facevo check periodici. Ma nel 2012, durante un Viaggio della Memoria, mi ritrovo con il battito a 36; dovetti installare un pacemaker. Nel 2016 ho ripreso a star male: mi installarono un pacemaker più efficiente. Tuttavia la cardiopatia dilatativa era così importante che il dottor Paolo Barali mi obbligò a mettermi in lista per il trapianto; fu preso in carico da Bologna". Qui Mazzacani conosce la Martin Suarez: "Sono rimasto in lista un anno e mezzo, facevo una vita molto moderata. Poi è arriva la chiamata. Quella telefonata è una cannonata! Non c’è tempo, devi dire sì o no. Ci sono al massimo 8 ore da quando prelevano l’organo e lo impiantano. Se acconsenti, devi correre in ospedale ed entri in sala operatoria senza sapere se e come ne uscirai. Era il 2019: mia figlia aveva 21 anni, mio figlio 16. Sotto i ferri si accorgono che l’organo non va bene. Terribile! Lì ho perso fiducia... Un mese dopo, in ottobre, la Suarez mi chiama di nuovo: c’era un giovane donatore". I parametri sono perfetti: "Quando mi tolgono il mio cuore vado in blocco per ipertensione polmonare. Dicono che sono stato 20 minuti come morto. L’intervento è durato 2 giorni, sono stato a lungo in camera sterile con il torace aperto mentre una macchina che sostituiva il cuore, e 21 giorni in coma farmacologico. Quando mi sono svegliato avevo perso 30 kg e mi si muovevano solo gli indici". Il bibbianese è tosto e comincia a denti stretti la fase della riabilitazione: "Bisogna metterci tutti se stessi. Non ho mai pensato di lasciarci la pelle, mi sono riappropriato piano piano del mio corpo: mettere le mani sotto l’acqua, andare in bagno, alzarsi in piedi, mangiare…". Il 3 gennaio 2020 lo mandano a casa perché al Sant’Orsola si manifestano polmoniti anomale: "Era il Covid, e io non avevo difese immunitarie. In marzo mi diagnosticano il fuoco di Sant’Antonio: da Bologna arriva l’equipe tutta scafandrata, e scoprono che sono positivo asintomatico! Ma sopravvivo, così come nel dicembre 2020 quando al Santa Maria di Reggio mi scoprono una grossa massa nel cervello: a causa degli immuno-soppressori, ero stato colpito da un’infezione cerebrale". Ma Mazzacani è ancora in pista: "Vacilli. Se non sei un deficiente, analizzi le tue condizioni… ma mi sento fortunato. Il Sistema sanitario ti segue per tutta la vita, gratuitamente".

Francesca Chilloni