"Facevo la parrucchiera. Abbiamo riaperto l’azienda del nonno ma il sistema ci uccide"

Catia Frignani e Paolo Morini hanno abbandonato i mestieri di parrucchiera ed elettricista per dedicarsi all'agricoltura biologica a Calerno di Sant'Ilario. Con vigneti, frutteti e colture orticole, difendono la produzione locale e artigianale contro la grande distribuzione. La loro azienda, Camurein, è un presidio Slow Food che lotta per la tutela delle tradizioni agricole.

"Facevo la parrucchiera. Abbiamo riaperto l’azienda del nonno ma il sistema ci uccide"

"Facevo la parrucchiera. Abbiamo riaperto l’azienda del nonno ma il sistema ci uccide"

"Io facevo la parrucchiera, mio marito l’elettricista. Abbiamo voluto cambiare radicalmente vita nel senso del benessere e della coerenza verso i nostri valori. Nel 2011 abbiamo preso in mano la vecchia azienda agricola del nonno a Calerno di Sant’Ilario, e iniziato da zero studiando… e continuando a studiare. Abbiamo vigna, frutteto e colture orticole con anche varietà antiche, coltiviamo grani antichi, e abbiamo una mucca Bianca Romagnola da compagnia… e siamo diventati anche presidio Slow Food. Per noi il nemico è principalmente la Grande distribuzione". Lo spiega Catia Frignani, che raccoglie a mano pomodori bio e guida il trattore, presente alla manifestazione con uno dei tre figli (Bruno di 12 anni, gli altri ne hanno 5 e 14) ed il marito Paolo Morini: "È dura anche come madre, è da settembre che siamo sotto con questa protesta. Nei prossimi giorni Paolo partirà per Bruxelles con gli altri agricoltori, ed io sarò a casa con i nostri figli e l’azienda da mandare avanti. La nostra Camurein è una nicchia, che abbiamo costruito piano piano: con contatti diretti con i clienti attraverso lo spaccio interno, i commercianti, con le gelaterie e i ristoranti che comprano i nostri frutti… Il sistema però uccide queste realtà". Non omologati, con prodotti di pregio assolutamente controllati e sani, la coppia è custode di un fare agricoltura antico e modernissimo, che preserva tradizioni e territorio, ma che davanti alle multinazionali e i big player nazionali rischia di scomparire senza normative di tutela.

Francesca Chilloni