"In Rsa carenza cronica di infermieri Servono delle soluzioni strutturali"

Asp e Fedisa confermano le difficoltà nel reperire nuove forze, anche in vista dell’aumento dei contagi "Il livello di attrattività del pubblico è superiore al nostro e il fabbisogno resta difficile da sanare"

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di Giulia Beneventi

Dalla sanità privata è stato definito un "esodo" quello che contraddistingue la categoria degli infermieri. Professionisti che, negli ultimi due anni e mezzo, hanno dirottato verso il pubblico: un fenomeno che tocca nel vivo anche le strutture di accoglienza per anziani. "La carenza di infermieri ormai è cronica e altrettanto lo sono le nostre difficoltà, specialmente ora che attraversiamo il periodo delle ferie estive". A confermarlo è Giorgio Faietti, presidente Fedisa, che in provincia conta 17 strutture, per un totale di circa 800 ospiti (tra anziani e persone con disabilità) e 500 operatori. Tale carenza si è acuita in relazione all’emergenza e all’apertura di tanti concorsi per entrare nel pubblico, con annesso ’esodo’ di infermieri.

"Il perché è lampante – chiarisce subito Faletti – è comprensibile che il lavoro in ospedale possa essere più stimolante e dare anche più tutele, ma il risultato è che le realtà come le nostre vengono depauperate". Alla ricerca di altro personale poi "la risposta che riceviamo non è esaltante – prosegue –. La criticità quindi rimane, considerando poi che insieme ai casi Covid aumentano anche gli operatori che, contagiati, devono stare in isolamento". Tra l’altro strutture non accreditare, come sono quelle Fedisa, non possono contare nemmeno sull’ingresso, seppur temporaneo, di tirocinanti. All’orizzonte si profila poi un simile epilogo anche per gli operatori socio-sanitari (oss), "una figura – spiega Faletti – per cui oggi è richiesta, giustamente, una qualifica, il che però aggiunge un altro ostacolo. Non è comunque paragonabile al caso degli infermieri".

"Il mio timore – considera il presidente – è che il problema oggi sia vissuto in modo contingenziale, ma non lo è affatto, anzi, avrebbe bisogno di soluzioni strutturali ben definite". Alcuni esempi? "Si potrebbe intanto aprire la possibilità dei tirocini – risponde –. Oppure poter dare la possibilità a chi ha un titolo idoneo ottenuto in un Paese straniero di lavorare anche in Italia". Insomma, le strade per arginare la situazione esistono, anche perché "il rischio – conclude – è quello di lasciare dei posti vuoti perché non ci sono abbastanza operatori".

La poca attrattività può venire anche dal fatto che "i nostri contratti di enti locali sono meno vantaggiosi rispetto a quelli della sanità pubblica" riferisce la presidente Asp, Mariella Martini. "Anche nel privato – aggiunge – c’è più possibilità di azione contrattuale, rispetto a quanto possiamo concederci noi". La carenza di infermieri tuttavia è "generale – specifica – interessa la sanità intera e questo è dovuto a molti fattori, tra cui anche i corsi di laurea a numero chiuso e, dalla parte dei futuri professionisti, un desiderio minore di iscriversi a certi percorsi formativi". Parlando di assistenza agli anziani, le strutture reggiane Asp sono 8 in tutto, con una cinquantina di infermieri. "La metà di loro – spiega Martini – lavorano per l’azienda Usl ma operano da noi, è una disponibilità che possiamo sfruttare da parte del pubblico, qualora ci sia la disponibilità dei professionisti in primis". Il fabbisogno di personale però fatica sempre a essere colmato: "La graduatoria finale del concorso di area vasta bandito a gennaio 2021 era di 55 infermieri che sono stati tutti chiamati – chiosa Martini –. Le assunzioni di infermieri nel 2021 sono state 33 di cui 29 da graduatoria di concorso, avevamo inoltre 9 infermieri dipendenti. Oggi ne sono rimasti 21".