La morte di Pedrazzini Figlia e genero scarcerati Chiesto il rito abbreviato

Silvia e il marito Riccardo Guida ai domiciliari, ma il pm impugna la decisione. Ieri la vedova imputata in aula. Le nipoti della vittima: "Vogliamo giustizia".

La morte di Pedrazzini  Figlia e genero scarcerati  Chiesto il rito abbreviato

La morte di Pedrazzini Figlia e genero scarcerati Chiesto il rito abbreviato

di Alessandra Codeluppi

Seconda scarcerazione in un anno e nuova battaglia sulle misure di custodia cautelare a carico di Silvia Pedrazzini e del marito Riccardo Guida. Loro sono la figlia e il cognato di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne ritrovato morto nel pozzo di casa a Cerrè Marabino, frazione di Toano. La coppia e la vedova della vittima Marta Ghilardini, sono imputati per il trattamento che gli avrebbero riservato negli ultimi mesi di vita. I reati contestati sono maltrattamenti aggravati, per aver causato la morte dell’anziano e perché inflitti davanti al nipote minorenne; poi sequestro di persona, omissione di soccorso nel giorno del suo decesso (5 marzo 2022), soppressione di cadavere; e truffa per aver intascato la pensione anche dopo la sua scomparsa. Trapela che da un mese la figlia e il genero sono usciti dal carcere per essere posti ai domiciliari a Bolsena: l’avvocato difensore Ernesto D’Andrea ha chiesto e ottenuto l’alleggerimento della misura, decisione già impugnata dal pm Piera Cristina Giannusa al tribunale della libertà e per un aspetto in Cassazione. Per i tre imputati ieri si è aperta l’udienza preliminare davanti al giudice Andrea Rat: la coppia Pedrazzini-Guida, lui 43 anni e lei 38, non si è presentata, mentre è comparsa Ghilardini, 64 anni, sottoposta agli obblighi di dimora a Toano e di firma. La vedova è stata accompagnata in aula dall’avvocato Rita Gilioli. I coniugi hanno chiesto di essere processati in abbreviato e Silvia Pedrazzini di essere interrogata, passaggio fissato nella prossima udienza in giugno. Ghilardini non ha domandato riti alternativi: il suo legale ha chiesto il non luogo a procedere, il pm si è opposto. La discussione è stata rinviata al termine dell’udienza preliminare: "La mia assistita si proclama innocente – dichiara l’avvocato Gilioli – Ha solo subito le decisioni altrui". In aula anche un fratello dell’anziano morto, Claudio Pedrazzini, che si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Naima Marconi: "Vorrei solo giustizia – dice con tono pacato ma fermo –. Mio fratello Giuseppe noi non lo abbandoneremo". Con lui le tre figlie Veronica, Valentina ed Eleonora, parti offese che si riservano il giudizio civile: "Immaginavamo che nostro zio Giuseppe avesse fatto una brutta fine, ma non così. Sono emersi particolari ancora più pesanti di quelli che ci aspettavamo. Ha vissuto mesi di segregazione e soprusi, è stato alimentato male e non curato. Stamattina (ieri, ndr) ci ha disturbati la spocchia di Marta, come se non si sentisse in colpa". E ancora: "Siamo qui per dare voce a nostro zio che non c’è più. Non ci interessano i soldi, abbiamo un lavoro, mentre loro non hanno nulla e non si sono dati da fare". L’avvocato Gilioli ha chiesto il dissequestro dei terreni della vedova e della Panda della vittima: bocciate dal gup.