La sentenza: Bellini resta in carcere "Potrebbe scappare e vendicarsi"

Le motivazioni del tribunale: l’ex primula nera condannato all’ergastolo per l’attentato del 1980 a Bologna "C’è il forte rischio che commetta reati contro l’ex moglie, testimone chiave, e il giudice Caruso".

di Chiara Caravelli

L’ex primula nera di Avanguardia Nazionale, il reggiano Paolo Bellini, è "persona che di fronte alla prospettiva di dover scontare l’ergastolo e non poter dare corso ai propri sentimenti di vendetta è sicuramente pronto a rendersi irreperibile e garantirsi così la libertà". Sono queste le motivazioni con le quali il tribunale del Riesame ha confermato il carcere per l’ex An: forte il rischio che commetta reati contro l’ex moglie Maurizia Bonini, testimone chiave del processo contro di lui per la strage in stazione, e del figlio del presidente della Corte d’assise che lo ha condannato.

Nel primo caso, i giudici citano le parole di Bellini emerse a seguito delle intercettazioni: "Ho appena finito di pagare 50mila euro per fare fuori uno di voi Bonini". Nell’altro caso, invece, i propositi di vendetta non sono sintomo di un impeto di rabbia ma, al contrario, di "un puntuale riferimento al figlio, con corretta indicazione del suo incarico, indicativo di una mirata indagine".

Non solo, il Riesame ha ravvisato anche un pericolo di fuga "di eccezionale rilevanza" come chiesto dalla Procura generale: Bellini può infatti contare su "contesti strutturati" che "già in passato gli hanno garantito latitanza, per sottrarsi ai rigori della legge". L’ex primula nera, difeso dagli avvocati , Antonio Capitella e Manfredo Fiormonti, è stato già condannato all’ergastolo in primo grado per la strage in stazione del 2 agosto 1980.

Bellini, prima di finire in carcere, si trovava ai domiciliari a scontare un cumulo di pene definitive per altre vicende: era stato arrestato dopo che alcune intercettazioni eseguite durante due distinte indagini da parte delle Dda di Caltanissetta e Firenze su stragi di mafia tra il 1992 e il 1993, lo avevano registrato mentre annunciava intenti ritorsivi nei confronti appunto della ex moglie e del figlio delpresidente della Corte d’assise

che lo ha condannato.

"Si è dinanzi a un soggetto – così i giudici del Riesame – per il quale la commissione di un omicidio non costituisce in alcun modo un evento traumatico, essendo avvezzo a tale genere di delitti, tanto da poter essere definito un killer professionista" così i giudici del Riesame. Non solo, "dei contatti che ha o può facilmente recuperare con i contesti delinquenziali più spietati, dell’odio che prova nei confronti sia del presidente Caruso che della propria ex moglie e dei parenti più prossimi, si deve ritenere che ricorrano esigenze di cautela sociale definibili di eccezionale rilevanza".

Un passato da criminale che "se fosse sottoposto a misure diverse dal carcere, vi sarebbe la sostanziale certezza che commetterebbe i gravissimi delitti programmati, in relazione ai quali ha maturato i propri propositi criminosi".

In sostanza, da latitante potrebbe "eseguire i suoi piani criminosi con maggior agio", concludono i giudici.