SAVERIO MIGLIARI
Cronaca

L’appello di Francesco Aliberti: "Più sussidiarietà coi privati per portare la cultura a tutti"

L’editore racconta come siamo visti altrove: "Fotografia Europea e Arena sono diventati brand. Ma vedo che c’è poca spinta dalla politica al di fuori della valorizzazione delle grandi eccellenze".

L’appello di Francesco Aliberti: "Più sussidiarietà coi privati per portare la cultura a tutti"

L’appello di Francesco Aliberti: "Più sussidiarietà coi privati per portare la cultura a tutti"

Si definisce "indegno allievo di Ezio Raimondi ed Edmondo Berselli". Il primo, critico letterario di spicco del panorama italiano, il secondo, direttore della rivista bolognese Il Mulino. Ma Francesco Aliberti ha poi disegnato la propria traiettoria a Reggio, dove guida l’omonima casa editrice. In questi giorni è di ritorno da Torino, dove ha portato alcune pubblicazioni al Salone del Libro. "Pubblichiamo circa 50 titoli l’anno. A catalogo abbiamo quasi duemila titoli", spiega.

Aliberti, lei si divide tra Reggio e Roma. Come è percepita la nostra città altrove?

"Quando parlo della mia città a Roma capita spesso che le persone conoscano Fotografia Europea. Questo è il segno che si tratta di un’iniziativa, inventata allora dall’assessore Catellani, capace di uscire ampiamente dai confini della città. La cosa più rilevante e stupefacente degli ultimi tempi, invece, è stata la mostra dei Cccp ai Chiostri di San Pietro e l’evento al Valli. Tutti quelli che incontravamo ce ne parlavano. Abbiamo ripubblicato da qualche settimana il libro ufficiale dei Csi di Donato Zoppo e anche quello è ripartito a bomba".

Quindi alla fine non siamo poi così provinciali...

"Con queste iniziative la città è uscita dal perimetro cittadino. Poi ci sono alcune iniziative che producono cultura che sono realmente interessanti. Ad esempio il progetto “Parole in movimento“ che promuove la lettura in quartieri, carceri, ospedali, scuole...".

Reggio ha una tradizione letteraria nel Novecento. Che però forse si racconta poco. Penso a Benati, Cavazzoni, etc.

"Eccome! La sfida deve essere questa in realtà. Da una parte tenere alta la qualità, poi bisogna cercare di migliorare una riflessione più compiuta non solo sulla nostra tradizione, ma anche sulla contemporaneità. A volte la politica dei singoli grandi eventi fa perdere terreno. Berselli, citando Robert Putman, diceva sempre che era importante che il capitale sociale venisse valorizzato. La collaborazione che accoglie le istanze della cittadinanza".

Quindi suggerisce non solo di celebrare i grandi maestri, ma di essere più curiosi.

"Un’altra cosa che amava Berselli è che la politica culturale incentrata sulle eccellenze non è sempre vincente. Perché le singole eccellenze non sempre fanno crescere la comunità tutta uguale. Difatti i celatiani che citava raccontavano la periferie".

E lei di talenti di periferia ne ha incontrati?

"Guardi, pochi giorni fa mi è venuto a salutare un ragazzo pachistano che ha fondato un sito d’informazione con sede a Novellara: Emilia Times. A me sembra che questo sia un sintomo interessante di come sta cambiando la nostra provincia".

Nessuno ne sa nulla. E nessuno ne ha parlato.

"Perché se tu fai una politica tutta incentrata sul mainstream e sull’identità, non riesci poi a intercettare questi fermenti che nascono in periferia".

A proposito di periferie. Noi abbiamo una ’periferia centrale’, che è la stazione. Ed è problematica. Cosa ne pensa?

"Effettivamente incute una certa preoccupazione. Io credo che la presenza delle forze dell’ordine vada sentita di più. A me è capitato di dovermi scostare per evitare qualcosa di pericoloso. Reggio è sempre stata un esempio di inclusività. Nel ’97 Biagi nel Fatto aprì una puntata dicendo “esempio di convivenza pacifica“. Ora mi pare che questa convivenza pacifica non ci sia più. Con i presidi in stazione mi sentirei più sicuro".

Dall’altra parte dei binari invece nasce una nuova città.

"L’Rcf Arena è un brand non solo nazionale. E le Officine Reggiane hanno un sapore internazionale, sembano scorci di Berlino durante la ricostruzione. Poi però so che qualche problema c’è stato perché vanno monitorate costantemente".

Se le dicessero di organizzare un Festival dell’editoria a Reggio che luogo sceglierebbe?

"Noi ne abbiamo in mente uno sulla scrittura a mano. Alle Officine Reggiane sarebbe perfetto: ci sono servizi, c’è una parte all’aperto e una al chiuso, c’è la ristorazione. Oppure anche la Reggia di Rivalta, ora che è stupendamente ristrutturata. Il rischio è di lasciare questi spazi vuoti. E se la politica non coinvolge il privato, si rischia di lasciarli disabitati".

Più sussidiarietà quindi?

"Esatto. Bisogna coltivare un rapporto di trasparenza e fiducia tra privato e istituzione".

E l’università si fa sentire con le case editrici del territorio?

"Francamente no. Il maggior coinvolgimento dell’università sarebbe importantissimo. Non la sento come un centro propulsivo culturale fuori dal loro recinto. Faccio un esempio di cosa significa sussidiarietà. La riedizione della biografia di Achille Maramotti, che è stato un grande successo a Natale, l’abbiamo fatta facendo rete con un industriale di cui non farò il nome, che la voleva per distribuirla come regalo. Altro esempio: con il professore Daniele Castellari abbiamo realizzato un libro sulla Città del lettore. Con Nondasola e l’Istituto Nobili abbiamo realizzato un testo con le voci dei ragazzi sulla violenza maschile sulle donne. La politica potrebbe fare molto di più questo tipo di operazioni".

Ultima cosa. Ci dia la ’temperatura’ delle librerie di Reggio.

"Intanto, fortuna che esiste la Libreria del Teatro, che spero venga tutelata. Poi abbiamo la libreria Coop (ex Dell’Arco) che non ha alterato la sua qualità, poi è nata la Giunti che è una delle catene più importanti a livello nazionale. Il problema è che sono troppo concentrate in centro storico, altrimenti al di fuori sono tutte nei centri commerciali. In compenso abbiamo una rete di prestito delle Biblioteche che è un’eccellenza".