Lo spettacolo della discordia: "Quella pièce mi diffamava"

In aula, imputato, l’ex sindaco di Brescello Ermes Coffrini: "Querelai Ungaro per difendermi"

Lo spettacolo della discordia: "Quella pièce mi diffamava"

Lo spettacolo della discordia: "Quella pièce mi diffamava"

"Spedii le mail perché quella pièce teatrale mi riempiva di fango non solo con critiche e sarcasmo, ma mi si attribuivano pure addebiti penali privi di ogni fondamento". Questa volta l’avvocato Ermes Coffrini, ex sindaco di Brescello (foto), si è seduto al banco degli imputati e ha difeso se stesso, contrattaccando. Chiamato a rispondere di diffamazione, ha sostenuto che in realtà lui è stato vittima di questo reato. Davanti al giudice Giovanni Ghini, ha spiegato perché, tra il marzo e il maggio 2019, spedì una serie di pec a svariate istituzioni – Fondazione I Teatri, Cgil, Anpi, Auser, teatro dell’Orsa, sindaco di Massa Lombarda (Ravenna) – diffidandole a mandare in scena lo spettacolo ‘Saluti da Brescello’, ispirato alla storia del giornalista Donato Ungaro: quando lui era un vigile urbano, e scriveva articoli sulla Bassa reggiana, fu licenziato dal Comune nel 2002 ai tempi del sindaco Coffrini. Ungaro si ritenne penalizzato sostenendo che il suo lavoro di informazione era sgradito all’ex primo cittadino: fece una causa in cui si riconobbe in via definitiva che il suo licenziamento fu illegittimo. A proposito delle mail inviate dal sindaco, Ungaro si è sentito leso dalle frasi "palesi falsità con cui è riuscito a costruirsi una carriera da professionista dell’antimafia" e "mosso essenzialmente da esasperato spirito di vendetta, spinto al punto di inventare ciò che non è mai avvenuto".

In aula ieri c’era anche Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine regionale dei giornalisti, costituito parte civile. Rispondendo al pm Maria Rita Pantani, ieri Coffrini ha detto di essere stato lui a spedire la mail con allegata la copia di una querela da lui sporta in Procura a Milano "verso gli autori dell’opera e verso Ungaro che era protagonista": ha riferito che il tribunale la archiviò, trattandosi di un’opera d’arte. Sullo spettacolo, l’ex sindaco ha detto che ne aveva letto il testo pubblicato sul web, e che il contenuto "era una fantasia denigratoria priva di agganci con la realtà. Volevo evitare di continuare a essere diffamato". All’avvocato di parte civile Valerio Vartolo, che assiste Ungaro, ha risposto di averlo querelato perché se Ungaro non era autore "era di certo ispiratore della pièce che riferiva cose che solo lui poteva aver vissuto, ammesso fossero vere. E poi lui andava in scena alla fine, prendendo applausi per il ‘sindaco con la jaguar’, che tuttora ho". Ha poi riferito che all’epoca in cui lui era sindaco e Ungaro agente della polizia locale, "il problema nacque quando ciò che lui imparava per il suo ruolo di vigile lo riferiva ai giornali: la riservatezza era sparita. Se fossero state cose vere sarebbe anche potuto passare, ma sui rifiuti radioattivi sepolti si creò grande allarme". E poi "la cosa più clamorosa: quattro appartamenti diventati otto. In ambito professionale sono specializzato in edilizia urbanistica: sentirmi dire che io avrei detto a Ungaro ‘Lasciamo perdere’ e lui, o chi per lui, commenta: ‘Coffrini difende Grande Aracri nel suo studio di Reggio...’. Ma io non ho mai difeso Grande Aracri nel mio studio di Reggio e mai per vicende riguardanti il territorio comunale in cui opero. Mi trovai una volta in studio un giovane avvocato di Catanzaro che mi fu presentato come parente di una barista: mi chiese se potevo difendere lei e i familiari in un esproprio di terreni a Crotone da parte della Soprintendenza, fatto che risale al 2000. Che poi fossero legati ai Grande Aracri... ma allora nel 2000 l’effetto Grande Aracri non era ancora diffuso".