ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

"Maltrattamenti all’ospizio: era un sistema"

Chieste pene fino a sei anni e mezzo per le operatrici sociosanitarie imputate. Il pm: "Lasciavano l’anziano negli escrementi"

"Maltrattamenti all’ospizio: era un sistema"

"Maltrattamenti all’ospizio: era un sistema"

"Lui fu portato nella struttura per anziani perché i parenti non potevano supportarlo. Doveva essere aiutato a livello fisico e psicologico, invece gli fu detto: ‘Sei qua perché nessuno ti vuole’. E fu abbandonato per ore, in stato di incuria".

Nel processo sulle presunte vessazioni perpetrate nella casa di riposo di Correggio (in via Mandriolo) ad Arduino Gigante, nato nel 1936 e venuto a mancare nel 2020, ieri il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha chiesto pene pesanti per le sei operatrici sociosanitarie accusate a vario titolo di maltrattamenti e violenza privata.

"Fatti di gravità estrema per le imputate, incaricate di pubblico servizio – tuona il pm –. Non possono dire che erano in due, e spossate: a loro si affidavano i familiari, sperando che i loro cari, se non abbracciati, almeno non venissero vessati". Il pm ha rimarcato di non aver "mai sentito scuse nel dibattimento, anzi è stata negata l’evidenza: sugli insulti all’anziano, è stato detto che era un modo per scherzare".

Il pm Pantani ha chiesto 6 anni e 6 mesi per due operatrici: la 52enne Antonia Iacovino, residente a Campagnola, e la 40enne Elena Bassi, di Correggio. Poi 5 anni per la 44enne Karina Da Silva e la 58enne Maria Di Francesco, entrambe di Correggio. Infine 2 anni e 3 mesi per la 55enne Esther Montoya, di Carpi (Modena) e, 2 anni e 1 mese per Cipriana Angela Tehei, 45enne di Correggio.

Nella requisitoria durata due ore, il pm ha ripercorso alcuni degli episodi contestati, tra l’ottobre 2016 e il marzo 2018. Il 9 maggio "Arduino era bagnato, ma non veniva pulito: urlò dalle 20.10 sino alle 0.20, per quattro ore. Poi si spogliò, l’urina fredda tracimava, e cercò di togliersi il pannolone. Poi entrò Bassi, che glielo levò e andò via". Il 16 aprile "lui arrivava al campanello per chiedere aiuto, ma la corda era attorcigliata a una bottiglia. Montoya in modo brusco gli disse: "Molla" e gli strappò la corda dalle mani. La difesa sostiene che lui volesse bere, ma lei non gli chiese se avesse sete: prese la bottiglia perché era attorcigliata, dove lui poteva arrivare, per renderlo incapace di agire. E Arduino ribattè: ‘Dico che sei stata tu a fare questo lavoro, ti mettono in galera’". Il 16 maggio "lui era nudo e intriso di pipì: chiamò dalle 19.45 alle 22.30. Entrarono Di Francesco e un’altra: dissero "Str." e "Bisogna dargli le medicine per farlo dormire tutta la vita". Il 27 aprile, l’anziano "disse che chiamava da un’ora e che era tutto bagnato. Gli risposero: "Non urlare, non fare niente. Stai qua a morire, aspetta la tua ora, non rompere le p.".

Pantani ha spiegato di non aver contestato il falso in atto pubblico perché spesso non si riuscivano a identificare le firme, ma che venivano appuntate cose non accadute: "Facevano risultare che pulivano un tot di volte, ma le captazioni smentiscono: volevano solo nascondere di averlo lasciato urlare per ore intriso di pipì". Il pm nega anche che Gigante avesse avuto reazioni violente verso le lavoratrici: "Nelle captazioni durate due mesi e mezzo (8 aprile-22 giugno 2017) non emerge una sola volta che lui picchi o risponda". E ricorda cosa raccontò l’anziano al pm il 17 aprile 2018: "Mi trovo malissimo. Al campanello non ci arrivo, mi spostano il letto, devo picchiare sulla sponda e urlare. È vero, mi faccio la pipì addosso. E vengo picchiato".

I figli dell’anziano, Stefania e Marcello Gigante, si sono costituiti parte civile: "È tutto vero – ci dice la donna –. Trovavamo nostro padre in quelle condizioni, tutto bagnato". L’avvocato della famiglia Simone Bonfante ha parlato di "sistema": "Svariate operatrici avevano lo stesso atteggiamento verso più ospiti, come emerso da captazioni e testimonianze. È evidente la complicità tra le lavoratrici: facevano affidamento su silenzio e omertà reciproca". Sono costituiti parte civile anche Coopselios (che è pure responsabile civile), Unione Pianura reggiana, Comune di Correggio, Regione e Ausl, i cui avvocati ieri hanno preso la parola. È poi iniziata la discussione delle difese con l’avvocato Angela Zannini per Da Silva: le arringhe proseguiranno domani.