Octopus, tentacoli mozzi. La scure della prescrizione

Penalizzata l’inchiesta sui reati fiscali: cade l’associazione a delinquere

L’accusa più grave, associazione a delinquere finalizzata a commettere reati fiscali - fatture per operazioni inesistenti per oltre venti milioni e riciclaggio -, risalente al 2011-2013, risulta prescritta per gli imputati dell’inchiesta ‘Octopus’. Si tratta di tre reggiani, l’ex giornalista Marco Gibertini (1965), l’ex imprenditore Mirco Salsi (1957) e Antonio Silipo (1969) di Cadelbosco, oltre ai romani Piersandro Pregliasco (1970), Gianluca Mussoni (1972) e Valerio Villani (1985). Altrettanto vale per diversi reati a carico di altri imputati, mentre su ulteriori accuse la tagliola temporale è destinata ad abbattersi in autunno. L’inchiesta condotta dal pm Valentina Salvi, che coordinò gli accertamenti della finanza e dei carabinieri, si incentrò su nomi noti della città in ambito imprenditoriale, sportivo e giornalistico, oltre a liberi professionisti. Nel maggio 2021 il gup Luca Ramponi rinviò a giudizio 34 persone: per 18 di queste già in dicembre il tribunale ha dichiarato la prescrizione, e altrettanto è accaduto ieri per Andrea Rossi (1972) di Novellara, un tempo dipendente della Cna di Bagnolo. Una situazione alla luce della quale ieri il pubblico ministero Francesco Rivabella ha annunciato in aula l’intenzione di portare avanti l’attività istruttoria solo per due contestazioni. Una è il riciclaggio a carico di sei imputati - gli stessi accusati anche di associazione a delinquere - per un valore di oltre 13 milioni; l’altra è la bancarotta fraudolenta formulata per Omar Costi (1974), ieri presente, nella veste di amministratore della società Minimum srl. Il pm Rivabella ha citato ieri due testimoni di polizia giudiziaria, a partire da un maresciallo del nucleo della Finanza, che ha ripercorso la genesi dell’inchiesta, a partire dall’incontro scoperto nell’agosto 2012 tra Gibertini e Antonino Napoli di Rubiera, quest’ultima figura attenzionata allora in un’altra inchiesta. Si è poi soffermato sugli illeciti contestati: "Un sistema standardizzato in cui il gruppo emetteva fatture per operazioni inesistenti attraverso società cartiere a Roma e a Reggio tramite la Levante srl", che aveva sede in via Cadoppi, "intestata a un cinese ma a disposizione prima di Gibertini e poi dell’intero gruppo". L’ex giornalista viene indicato come colui che individuava le aziende reggiane, e di Pistoia, a vantaggio delle quali emettere le fatture "grazie alla sua conoscenza del territorio". Il finanziere ha rimarcato una peculiarità: "Di solito la cartiera emette la fattura e l’utizzatore paga. In questo caso però si formava una provvista finanziaria che veniva versata a monte all’azienda, in nero". Un meccanismo che funzionava sull’asse Napoli-Reggio e che emerse anche l’11 luglio 2012 per la consegna di 28mila euro: fu fermata la persona incaricata del trasporto, che era Villani, mentre i soldi furono chiesti da Gibertini, che parlò in codice di "bottiglie di vino", a Pregliasco. Le difese, in primis l’avvocato Luigi Scarcella, hanno poi domandato una pronuncia di insussistenza del riciclaggio, ma il collegio ha momentaneamente respinto. "Il mio assistito - dichiara a margine l’avvocato Domenico Noris Bucchi per Mirco Salsi - ha sempre fermamente negato ogni responsabilità. A seguito dell’udienza prendiamo atto con piacere che le iniziali numerose contestazioni sono via via cadute"

Alessandra Codeluppi